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“Spegnete Internet in Russia”. “Non se ne parla”. Botta e risposta tra Ucraina e ICANN 

Alessandro Alongi di Alessandro Alongi
09 Marzo 2022 06:30
in #Ucraina, Tech
Tempo di lettura: 3 minuti
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“Spegnete Internet in Russia”. “Non se ne parla”. Botta e risposta tra Ucraina e ICANN 
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È il 28 febbraio 2022 quando il Governo ucraino, armato di carta e penna, scrive all’ICANN, l’organo indipendente di autogoverno di Internet, chiedendo di escludere la Russia dal web.

Secondo Kiev, infatti, proprio per mezzo della Rete il Cremlino ha commesso «crimini atroci, resi in buona parte possibili dalla macchina di propaganda russa che sfrutta il Web per diffondere disinformazione, messaggi d’odio, promuovere la violenza e nascondere la verità sulla guerra in Ucraina». Infatti, secondo l’estensore della missiva, il Ministro per la trasformazione digitale Mykhailo Fedorov, «L’infrastruttura tecnologica ucraina ha subìto numerosi attacchi da parte russa, impedendo ai cittadini e al governo di comunicare».

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L’ICANN (acronimo che sta per Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) è un’organizzazione non profit a cui spetta stabilire le “regole” di Internet. Tra questi compiti c’è anche quello di attribuire, a tutti i paesi del mondo, i c.d. “domini”, ovvero gli indirizzi dei siti web. L’ICANN è deputato anche alla supervisione dei root server. 

Sconosciuti ai più, i 13 root server (dislocati negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone, tutti di proprietà privata) non sono altro che “mega-server” posti all’apice della struttura gerarchica della rete, ed è grazie ad essi che Internet può funzionare e attraverso cui passa tutto il traffico mondiale. Da qui si comprende la richiesta ucraina: se solo volesse, l’ICANN può oscurare tutti i siti russi pigiando semplicemente un tastino su uno schermo.

Nella sua missiva, infatti, Fedorov chiedeva di “spegnere” Internet in Russia attraverso la revoca del dominio di primo livello nazionale assegnato a Mosca (il ‘.ru’, così come all’Italia è assegnato il ‘.it’). La risposta, però, non si è fatta attendere: niente da fare.

Seppur con molta sofferenza, l’ICANN ha riscontrato la nota affermando che la revoca di un dominio non rientra nell’ambito della missione della corporation: “Internet è un sistema decentralizzato. Nessun attore ha la capacità di controllarlo o spegnerlo“, ha risposto l’amministratore delegato dell’ICANN Göran Marby, che non ha mancato di esprimere però tutta la sua preoccupazione per il benessere degli ucraini e per il “terribile tributo che viene richiesto al vostro paese“. Nonostante ciò, però, “la nostra missione non si estende all’adozione di azioni punitive, all’emissione di sanzioni o alla limitazione dell’accesso a segmenti di Internet, indipendentemente dalle provocazioni“. 

“In sostanza“, ha aggiunto Marby, “l’ICANN è stata costruita per garantire che Internet funzioni, non perché il suo ruolo di coordinamento venga utilizzato per impedirne il funzionamento“. Tale riposta è figlia anche del governo dell’ICANN, che non è riconducibile ad alcun trattato internazionale, ma è una soluzione istituzionale originale, con un vertice tecnico basato sulla self-governance degli esperti e di cui fanno parte rappresentanti di governi e multinazionali private. 

Ma, a ben vedere, è forse stata una decisione giusta e meditata. Con l’oscuramento di Internet su tutto il territorio russo, infatti, la popolazione non avrebbe più avuto accesso all’informazione straniera, libera e indipendente, e i molti dissidenti non avrebbero avuto la possibilità di lanciare il proprio grido di aiuto. Oltre a rappresentare un pericolo precedente, infatti, il blocco avrebbe colpito soltanto la popolazione, già stremata da una guerra fratricida e del tutto inutile.

Tags: internetUcrainaweb
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Alessandro Alongi

Alessandro Alongi collabora nell’ambito del modulo di “Diritto della rete” all’Università Alma Mater Studiorum di Bologna. Laureato in Giurisprudenza e in Scienze Politiche, è specializzato in Relazioni istituzionali e Diritto parlamentare e attualmente si occupa di tematiche giuridiche e regolamentari presso l’Organo di vigilanza sulla parità di accesso alla rete di TIM, oltre a svolgere attività di ricerca nell’ambito del Diritto dell’innovazione, del quale è autore di diversi studi e approfondimenti.

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