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Home Politica Governo

Manovrina, tre strumenti al posto dei voucher

Simona Corcos di Simona Corcos
26 Maggio 2017 07:59
in Governo, Parlamento
Tempo di lettura: 3 minuti
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Manovrina, tre strumenti al posto dei voucher
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Muro di Mdp e Cgil, ma i rischi per il Governo sono minimi. Tutte le principali novità

di Alberto Giusti

Corsa all’ultimo emendamento per il Governo in Commissione Bilancio alla Camera. Dopo i trenta presentati in settimana, fra i quali lo strumento post-voucher è stato l’assente di rilievo, l’esecutivo dovrebbe completare oggi lo schema degli strumenti a disposizione di famiglie e imprese per sostituire i buoni lavoro, cancellati il 17 marzo con decreto-legge per disinnescare i quesiti del referendum Cgil.  Il capogruppo Pd a Montecitorio, Ettore Rosato, ha confermato ieri pomeriggio che la contestata norma per le piccole imprese sarà adottata, e pertanto, in base anche alle proposte depositate anche in Parlamento, il quadro degli interventi dovrebbe essere il seguente:

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  • Libretto familiare: una card ricaricabile a disposizione delle famiglie da utilizzare, attraverso il sito dell’INPS, per pagare i piccoli lavori domestici o di baby sitting, con l’obbligo di indicare anticipatamente il nome del lavoratore a garanzia di tracciabilità della prestazione.
  • Il mini-contratto online: uno strumento per le imprese sotto i 5 dipendenti, con un limite per committente di 5000€ l’anno e per lavoratore di 2500€ l’anno. Ad un costo di 12,50€ l’ora, significa 400 ore l’anno per queste micro imprese e 200 per il lavoratore. Caratteristica fondamentale la disintermediazione: il contratto (a carattere sicuramente subordinato) sarà sottoscritto attraverso un portale dell’INPS, e dunque anche questo completamente tracciabile.
  • Contratti a chiamata “liberalizzati”: restando fermo il limite di 400 giornate di lavoro in 3 anni, verranno eliminati o ridotti i limiti d’età presenti per il lavoro intermittente, oggi disponibile solo per under25 e over55.

Rispetto a queste proposte il dibattito politico si è inasprito: la settimana scorsa, il Movimento Democratico e Progressista degli scissionisti Pd ha abbandonato il tavolo di maggioranza sulla Manovrina denunciando il tentativo di far rientrare dalla finestra gli aboliti voucher. Della stessa opinione la Cgil nazionale, che pochi giorni fa ha comunicato di ritenere “gravissimo” ogni tentativo di reintroduzione del lavoro occasionale.

In realtà, questi strumenti sarebbero molto diversi dai precedenti. Il libretto familiare infatti è molto simile alla proposta della Cgil stessa contenuta nella sua “Carta dei Diritti Universali del Lavoro”, e difficilmente il sindacato di Susanna Camusso potrebbe dirsi contrario a questa fattispecie, come d’altronde già dichiarato in Commissione Lavoro alla Camera prima dell’intervento del Governo. I mini-contratti sono per l’appunto contratti a tutti gli effetti, a differenza del volatile strumento dei voucher. Per di più, ne è stato radicalmente abbassato il tetto per prestatore, che era di 7000€; mentre i contratti a chiamata riguardano un capitolo a se stante del mondo del lavoro, e in molti ambiti fino ad oggi non era utilizzabile proprio perché assente la contrattazione collettiva di settore, che questa apertura forse costringerebbe a rivedere con risvolti positivi per i sindacati stessi.

È sicuramente la seconda ipotesi, che ricorda i mini-jobs alla tedesca (ma dai quali si distingue molto nel bilanciamento dei limiti), a generare le maggiori antipatie. Occorre ricordare che, come già accaduto con i voucher, il potenziale reale dei mini-contratti non starà semplicemente nei ridotti oneri fiscali e contributivi, ma nella disintermediazione. Prima l’imprenditore comprava un blocchetto di voucher dal tabaccaio: domani probabilmente potrà stipulare un contratto di lavoro comodamente dal proprio ufficio, di fronte al portale dell’INPS, senza dover consultare alcun consulente del lavoro. Pur applicato alle micro imprese, si tratta di un principio rivoluzionario per la burocrazia del lavoro italiana, ostacolo costoso che spesso da solo basta a favorire il lavoro nero, sul quale però oggi poggiano migliaia di posti di lavoro. Posti, che potrebbero scomparire con l’adozione di questa “svolta digitale”.

E per quanto riguarda l’opposizione politica in Parlamento, Mdp deve in realtà fare molta attenzione. È vero che al Senato il Governo potrebbe non permettersi una fiducia senza il loro appoggio, ma può il partito di Speranza caricarsi la responsabilità di far cadere il Governo Gentiloni? Dovrebbe essere vivido nella memoria di Bersani, allora ministro, cosa accadde alla sinistra radicale che fece cadere il Governo Prodi nel 2008: gli elettori non la presero affatto bene. Di questo dettaglio è sicuramente consapevole anche il Partito Democratico.

Il Governo potrebbe quindi riuscire, come promesso, a sostituire i voucher entro (o quasi) la stagione estiva. Anche se l’effetto sui lavori parlamentari potrebbe essere quello di far slittare, nuovamente, la discussione della Commissione d’inchiesta sul sistema bancario.

Tags: GovernoManovrinaMdpvoucher
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