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Home Politica Parlamento

Sul nodo vitalizi siamo alla resa dei conti in Senato

Alessandro Alongi di Alessandro Alongi
04 Settembre 2017 09:26
in Parlamento, Società
Tempo di lettura: 3 minuti
A A
DdL Concorrenza, al via l’esame in Aula Senato. “Attese eccessive”
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Nonostante il via libera della Camera si preannuncia difficile il passaggio a Palazzo Madama per l’opposizione di un gruppo di parlamentari. Ma una via di uscita ci sarebbe

di Alessandro Alongi

Acque agitate nella maggioranza di governo che, al ritorno dalle vacanze, rischia l’empasse in Senato su un provvedimento dall’alto valore simbolico quale la rideterminazione degli assegni vitalizi per i parlamentari.

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Grazie ad un’inedita convergenza PD-Movimento 5 Stelle, la Camera dei deputati era riuscita a licenziare, lo scorso 26 luglio, il ddl Richetti, un testo condiviso volto ad abolire gli assegni di favore dei parlamentari e consiglieri regionali maturati secondo il calcolo retributivo, per sostituirli con un trattamento previdenziale basato sul sistema contributivo analogo a tutti i lavoratori dipendenti delle amministrazioni pubbliche.

I numeri raccolti in sede di prima lettura, incredibilmente straordinari (348 a favore, 17 contrari, 28 astenuti) avevano fatto ben sperare anche per il successivo passaggio a Palazzo Madama. Insomma, sembrava cosa fatta sino a qualche giorno fa quando, un autentico temporale estivo rispondente al nome di Ugo Sposetti, ha gettato lo scompiglio nelle vacanze dei parlamentari.

Sposetti, senatore del Partito Democratico ma soprattutto ultimo tesoriere dei DS, è una personalità appartenente alla vecchia guardia che, in materia fiscale e contabile, non teme confronti.

La posizione di Sposetti è stata chiara sin da subito e, ancora adesso, lascia adito a pochi dubbi: la rideterminazione dei vitalizi dei parlamentari che hanno beneficiato del calcolo retributivo, diritto già acquisito, è palesemente incostituzionale e non può essere avallata dal Senato che, riconfermando il voto favorevole della Camera al ddlRichetti, rischierebbe di introdurre una legge retroattiva pericolosissima. I risparmi sarebbero risicabili e i ricorsi alla Corte Costituzionale una valanga. Insomma, la riforma non s’ha da fare.

È per questo che l’ex comunista Sposetti (“migliorista” ama ancora definirsi), già all’indomani del voto espresso da Montecitorio, si è adoperato per riunire intorno a se un drappello di onorevoli, uniti nel dire no alla riforma.

In realtà, all’interno dello stesso Palazzo che fu della polizia pontificia, sono parecchi i senatori che, più o meno velatamente, non nascondono le proprie simpatie per il pensiero diSposetti, anche se intimamente combattuti in un dilemma: l’abolizione del privilegio rappresenta un vero azzardo giuridico ma, di contro, difendere il blocco della riforma equivarrebbe ad un suicidio politico facilmente cavalcabile da chi, come il MoVimento, ha fatto dell’antipolitica e della lotta alla casta la sua bandiera.

In tutta verità qualche profilo di criticità il provvedimento sembra presentarlo e, alla luce delle considerazioni di molti osservatori, qualche perplessità sulla natura insidiosa di quanto deliberato sembra esserci: se per la prima volta sarà possibile calcolare le pensioni dei parlamentari alla luce di nuove regole valevoli retroattivamente,chi potrà impedire che, dopo deputati e senatori, stessa sorte non tocchi a tutti i pensionati italiani?

È lo stesso Sposetti a mettere in guardia sugli effetti di un possibile voto favorevole al disegno di legge, ribadendo che minare un diritto acquisito vuol dire aprire una voragine, un tunnel che porterà a ricalcolare la pensione a milioni di lavoratori.

Una soluzione capace di salvare capre e cavoli, però, esiste, e risponde al nome di “autodichia”, ovvero la libertà di cui godono le camere nella determinazione dello status economico e giuridico dei propri componenti. A questo punto, con una deliberazione interna, la disciplina generale sarebbe salva, rendendo così possibile applicare le nuove norme previdenziali ai soli parlamentari, senza pregiudicare il resto dei pensionati italiani.

Quella che ci vuole, insomma, è la volontà politica di tagliare. Ma prima bisogna formalmente affossare il ddl Richetti. Primo atto potrebbe essere una modifica del testo già in Commissione, cosa che provocherebbe l’inizio di una navetta tra i due rami del Parlamento che difficilmente potrebbe trovare il suo epilogo con una legislatura ormai in scadenza. Con buona pace di chi, anche solo per qualche mese,aveva creduto di sconfiggere il biblico Golia soltanto con una pietra.

Tags: Matteo RichettiVitalizi parlamentari
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Alessandro Alongi

Alessandro Alongi

Alessandro Alongi collabora nell’ambito del modulo di “Diritto della rete” all’Università Alma Mater Studiorum di Bologna. Laureato in Giurisprudenza e in Scienze Politiche, è specializzato in Relazioni istituzionali e Diritto parlamentare e attualmente si occupa di tematiche giuridiche e regolamentari presso l’Organo di vigilanza sulla parità di accesso alla rete di TIM, oltre a svolgere attività di ricerca nell’ambito del Diritto dell’innovazione, del quale è autore di diversi studi e approfondimenti.

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