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Home Società Ambiente

Il mondo salvato dai ragazzini (e dalle ragazzine!)

Redazione LabParlamento di Redazione LabParlamento
30 Settembre 2019 13:21
in Ambiente, Europa, Società
Tempo di lettura: 4 minuti
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Il mondo salvato dai ragazzini (e dalle ragazzine!)
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«Viviamo in uno strano mondo, in cui i giovani devono sacrificare la propria istruzione per protestare contro il fatto che il loro futuro va verso la distruzione». Così tuonava lo scorso marzo Greta Thunberg. Da quel momento ha dato il via a una serie di scioperi, sostenuti da migliaia di giovani in tutto il mondo al grido di “Fridays for future”, culminati nella “Climate Action Week” e nelle manifestazioni di venerdì scorso

di Eleonora Camilli

Correva l’anno 1968 quando fu pubblicato Il mondo salvato dai ragazzini, una raccolta di poesie, poemi e canzoni che Elsa Morante scrisse a suggello della poetica che aveva già inaugurato in occasione del suo intervento nell’ambito della conferenza Pro o contro la bomba atomica (1965), in linea con un progressivo interesse per i problemi del mondo, ai quali ella riteneva dovessero fornire una soluzione i poeti. Di contro all’irrealtà di un mondo pervaso da una cultura mortifera, che trova la sua massima espressione nella bomba atomica, Morante rivendica l’esigenza della poesia – intesa come una sensibilità profonda e impegnata, in un percorso di vita valido per sé e per gli altri ‒ che si traduce in  un’arte liberatoria e rivoluzionaria, scevra da qualsiasi linguaggio predefinito delle classi dominanti, perché è la realtà che dà vita alle parole e non viceversa. Chi sono, allora, i soli possibili destinatari della poesia? I cosiddetti «Felici Pochi», ossia i ragazzini, nei quali consiste «il sale della terra», e che saranno, infine, sempre i soli rivoluzionari.

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Una dichiarazione di poetica che a posteriori appare come una profezia. Il mondo contemporaneo è animato da nuove contestazioni promosse da giovani ragazzi e ragazze che si impegnano a risvegliare le coscienze.

A partire dal 20 agosto 2018, a seguito di numerosi incendi boschivi causati dalle anomale ondate di calore che durante l’estate avevano vessato il suo Paese, ogni venerdì Greta Thunberg si è recata di fronte al Riksdag (Parlamento) di Stoccolma, con un cartello recante lo slogan “Skolstrejk för klimatet” (sciopero scolastico per il clima), appellandosi al governo svedese affinché rispettasse gli Accordi di Parigi relativi al cambiamento climatico  e riducesse le emissioni di anidride carbonica.

Quel gesto è divenuto in breve tempo motivo d’ispirazione per tante e tanti giovani che in molti Paesi del mondo hanno abbracciato la causa ambientalista. La giovane ha così lanciato il movimento “Fridays for Future”, divenendo una voce talmente autorevole da prendere parte alle più importanti conferenze sul clima nel mondo.

In occasione del primo sciopero mondiale per il futuro, tenutosi il 15 marzo 2019, l’attivista, da Stoccolma, ha invocato la necessità di dare credito ai moniti degli scienziati sulla crisi climatica. Il 30 marzo, a Berlino, è stata insignita del Goldene Kamera, uno dei più importanti riconoscimenti assegnati in Germania nell’ambito della comunicazione. Al momento della ricezione del premio ha dichiarato:

«Viviamo in uno strano mondo in cui i giovani devono sacrificare la propria istruzione per protestare contro il fatto che il loro futuro va verso la distruzione. […] Ma è l’unico mondo che abbiamo. Per salvarlo abbiamo bisogno di voi», rivolgendosi anche alle personalità di spicco presenti tra il pubblico, con l’invito a partecipare alla seconda manifestazione globale, che si sarebbe tenuta il 24 maggio.

In seno al recente vertice delle Nazioni Unite per il clima, tenutosi a New York durante la cosiddetta “Climate Action Week”, un’intera settimana di mobilitazione per il clima, dal 21 al 27 settembre, cui hanno aderito oltre 150 i Paesi in tutto il mondo, lo scorso 23 settembre il suo discorso ha aperto il “Climate Action Summit”, una riunione tra capi di Stato voluta con moltissima forza dal Segretario generale dell’Onu, Antònio Guterres, poiché molti Paesi, su tutti gli Stati Uniti, hanno disatteso gli impegni in merito alla riduzione delle emissioni inquinanti presi con gli Accordi di Parigi ‒ sottoscritti nel dicembre 2015 da 195 Paesi, con l’obiettivo di mantenere l’aumento medio della temperatura mondiale al di sotto di 2 °C.

Il vertice, caduto all’indomani di devastazioni che hanno vessato il pianeta ‒ dagli incendi in Amazzonia alle regioni artiche ‒ si è posto l’obiettivo di ridurre le emissioni del 45% entro il 2030, e di arrivare a emissioni zero nel 2050, attraverso una serie di piani concreti e realistici (i “Nationally determined contributions” – NDC), volti ad apportare sostanziali trasformazioni nel settore energetico, dei trasporti e dell’agricoltura. Un obiettivo ambizioso, ma non sufficiente a detta di Thunberg, in quanto, dati scientifici alla mano, per arrestare seriamente la folle impennata delle temperature è necessario ridurre le emissioni nocive di almeno il 50%.

Ancora una volta, la giovane ha ammonito i leader mondiali ‒ ai quali si è rivolta con l’emblematica espressione «How dare you?», ossia “Come osate?” ‒ accusandoli di aver tradito le giovani generazioni, ignorando la scienza e la catastrofe imminente. Parole potenti, che hanno fatto molto discutere in merito alla presunta manipolazione di una ragazzina di sedici anni. Verrebbe da chiedersi il motivo per il quale si voglia necessariamente vedere il rovescio della medaglia. Forse perché spaventa sentirsi dire la verità, a maggior ragione se a dare una lezione (anziché seguirle!) è una giovane donna, che per questo finisce per divenire oggetto di insulti maschilisti e sessisti.

A tal proposito, occorre ricordare ai detrattori che se fosse stato un ragazzo non l’avrebbero chiamata prepotente, ma leader: come si può definire altrimenti una ragazza che nel giro di un anno ha trasformato una singola protesta in un movimento mondiale? Questa ragazzina è riuscita a far arrivare alla grande opinione pubblica un tema attuale e urgente, come quello del riscaldamento globale, a cui i presunti addetti ai lavori non stavano prestando la giusta attenzione. Ora che la consapevolezza è divenuta di portata mondiale, se l’onore può ‒ e deve ‒ restare a lei, è giunto il momento che dell’onere se ne facciano carico i singoli governi.

Dopo il “Climate Strike” del 21 settembre, che Thunberg aveva guidato da New York, venerdì 27 settembre si è conclusa la settimana di mobilitazioni con il terzo sciopero mondiale per il futuro: 2500 eventi in 150 nazioni, dall’Italia ‒ dove un milione di giovani ragazzi e ragazze ha manifestato in 160 città ‒ al Canada, dall’Austria a Israele, dall’Olanda alla Birmania, dalla Grecia a Santiago del Cile, poi ancora Giappone, India e Nuova Zelanda. Ogni venerdì il movimento annovera un nuovo Paese che aderisce allo sciopero, divenendo in questo modo la più grande manifestazione per l’ambiente mai organizzata.

A chi ancora si chiedesse il motivo per il quale sia stato necessario l’intervento di una ragazzina per dare vita a un’onda inarrestabile, si potrebbe rispondere con il messaggio di morantiana memoria. È raro saper tradurre in parola ciò che la realtà stessa sta denunciando. È un’arte. L’unica arte possibile, che Morante diceva essere propria solamente dei giovani e dei poeti.

Tags: climate changeFridays for futureGreta Thunberg
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