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Home Società

Smartphone e bambini: 1 su 2 ce l’ha, il 99% è già online

Alessandro Alongi di Alessandro Alongi
27 Gennaio 2023 19:18
in Società, Tech
Tempo di lettura: 3 minuti
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Troppo smartphone? Potrebbe scatenare allergia
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Nel 2021 quasi tutti i bambini inglesi sono andati online (99%) con la maggior parte di essi che utilizza un telefono cellulare (72%) o un tablet (69%) per collegarsi alla Rete. 

Tra tutti i tipi di piattaforme online, YouTube è stata la più utilizzata dai bambini di Sua Maestà, con l’89% di essi che ha visto video online, rispetto alla metà che utilizza TikTok. Ma proprio TikTok è il più popolare per la pubblicazione di contenuti tra i bambini dai 3 ai 17 anni (95%), con il 31% che ha pubblicato contenuti realizzati “in proprio”, magari al chiuso delle loro camerette, in particolare nei ragazzi di età compresa tra 12 e 17 anni.

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A fornire questo spaccato dei ragazzi britannici ci ha pensato l’OFCOM, l’Autorità di regolazione del mercato delle TLC inglesi, con la pubblicazione dell’ultimo Rapporto “Children and parents: media use and attitudes report 2022”, disponibile online.

I dati consegnano uno spaccato che fa molto riflettere, soprattutto in relazione all’educazione digitale dei più piccoli: la maggior parte dei bambini sotto i 13 anni possiede già un proprio profilo su almeno un’app o un sito di social media; il 33% dei genitori dei bambini tra i 5 e i 7 anni ha affermato che il proprio figlio aveva un profilo (quindi ne sono pienamente coscienti), e il 60% dei bambini tra gli 8 e gli 11 anni ha affermato di averne già uno. Solo quattro genitori su dieci di figlioletti di età compresa tra 3 e 17 anni, invece, conoscevano l’età minima richiesta per utilizzare la maggior parte dei social media (solo il 42% ha risposto correttamente 13 anni). 

Riguardo al consumo di contenuti digitali, ormai i più piccoli preferiscono guardare servizi come Netflix, Amazon Prime Video e Disney+ (78%), rispetto al 47% che guarda ancora la TV in diretta. E quasi sei adolescenti inglesi su dieci affermano di utilizzare i social media per le notizie, anche se molti di loro preferiscono affidarsi alla propria famiglia (68%) o alla TV (65%). Monta naturalmente le preoccupazioni dei genitori sul consumo di contenuti da parte dei loro figli: sette genitori su dieci di bambini sotto i 16 anni esprimono preoccupazione per i contenuti visti dai loro figli online; gli aspetti di maggiore preoccupazione sono rappresentati dai contenuti inappropriati per l’età come la violenza, il linguaggio scurrile e il materiale sessualmente esplicito.

A sostegno delle angosce parentali, i dati: più di un terzo (36%) dei bambini di età compresa tra 8 e 17 anni ha affermato di aver visto online qualcosa di “preoccupante” o “brutto” negli ultimi 12 mesi. Questo porta con sé la vexata questiodella comprensione critica del falso vs reale online: la maggior parte dei ragazzi di età compresa tra 12 e 17 anni era sicura di poter distinguere ciò che è vero da ciò che è falso online, ma solo l’11% ha selezionato correttamente la risposta, in una domanda appositamente formulata da un sondaggio, e che mostrava loro un post “fake” sui social media. Ancora minore la capacità per i più piccoli di individuare un falso profilo di social media online (22%); un quarto di questi pensava che l’immagine del profilo e le foto pubblicate fossero reali. Anche sotto il profilo commerciale, nove ragazzi su dieci di età compresa tra 12 e 17 anni erano sicuri di poter riconoscere la pubblicità online, ma meno di quattro su dieci (37%) ha identificato correttamente i link presenti in una pagina di un motore di ricerca come “annunci sponsorizzati”.

Tags: MinoriTik Tok
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Alessandro Alongi collabora nell’ambito del modulo di “Diritto della rete” all’Università Alma Mater Studiorum di Bologna. Laureato in Giurisprudenza e in Scienze Politiche, è specializzato in Relazioni istituzionali e Diritto parlamentare e attualmente si occupa di tematiche giuridiche e regolamentari presso l’Organo di vigilanza sulla parità di accesso alla rete di TIM, oltre a svolgere attività di ricerca nell’ambito del Diritto dell’innovazione, del quale è autore di diversi studi e approfondimenti.

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