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E l’Emilia mormorò.. Non passa lo straniero

Redazione LabParlamento di Redazione LabParlamento
28 Gennaio 2020 15:30
in Commenti
Tempo di lettura: 3 minuti
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E l’Emilia mormorò.. Non passa lo straniero

Piazza Maggiore, Bologna

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Il sogno patriottico di Salvini s’infrange (per il momento) nell’Emilia dei rossi e delle sardine. Per Zingaretti una boccata d’ossigeno che potrebbe rilanciare l’azione di governo, se non fosse che la componente Gialla della maggioranza si va sempre più impallidendo

di Daniele Piccinin

Con le regionali in Emilia Romagna e Calabria si chiude una delle peggiori campagne elettorali degli ultimi anni. Un cocktail di populismo spesso ai limiti del grottesco, all’insegna della denigrazione dell’avversario che non ha conosciuto fair play e che anzi, a colpi di mojito e citofonate imbarazzanti, ha finito per avvelenare il clima di un Paese dove ormai è vietato confrontarsi sui temi. La conferma del presidente uscente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, è certamente una boccata d’ossigeno per il Pd di Nicola Zingaretti e per tutto il centrosinistra che, dopo la Caporetto delle Europee inizia, lentamente, a rivedere la luce, nonostante le divisioni interne continuino a lacerare e a bloccare qualsiasi progetto di riforma del “fu” primo partito d’Italia. Dall’altra sponda del governo, il Movimento 5 Stelle conferma i pronostici di harakiri con un 4,7% ma soprattutto con un 3,5% al candidato Simone Benini, a conferma dell’ennesima scelta fallimentare da parte di un Movimento che, dopo l’uscita, non a caso anticipata di una settimana, del suo leader Di Maio, ha ora il dovere di interrogarsi sulla bontà dei metodi di scelta di candidati privi di appeal e spesso competenze.

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Quanto al centrodestra, Salvini stecca sul più bello, pur ottenendo un risultato importante nell’Emilia patria dei temutissimi comunisti rossi. Un risultato, il 32% con oltre 690mila voti, comunque inferiore rispetto alle Europee del 2019, quando portò a casa quasi 760mila preferenze pari al 33,77%. Numeri che non bastano a far gridare “Emilia Libera” ma che anzi, ironia della sorte, fanno venire in mente il patriottico inno “La canzone del Piave”, la storica battaglia del 1918, quando l’impero austro-ungarico mise alle strette, senza successo, l’esercito italiano proprio sul fronte del fiume Piave.

Che sia stata una vittoria della “resistenza” alle mire egemoniche del leader leghista è facile a dirsi. Una campagna elettorale, come abbiamo detto sopra, incentrata tutta su Matteo “Il Grande”, con Bibbiano e le mamme ferite, dove la Lega per inciso fa flop, sullo sfondo, e con una carrellata di episodi iniziati questa estate a suon di mojito e inni di Mameli cantati nelle discoteche all’aperto di Milano Marittima alla ricerca del consenso sfrenato. Dall’altra parte, all’ombra del presidente Bonaccini, un Pd che ha riesumato le storiche battaglie dell’antifascismo, trasformando Salvini nel “carnefice” da mettere alla porta, ma che alla fine dovrà ringraziare per la vittoria il voto dei dissidenti grillini e la forza, difficilmente quantificabile ma molto presente, delle Sardine che hanno contribuito a respingere la destra facendo tornare la sinistra nelle piazze.

Chi tira un sospiro di sollievo è anche e soprattutto il premier Giuseppe Conte, che può ora cominciare a sfogliare il calendario di mese in mese iniziando a progettare un finale di Legislatura fino a poche ore fa inatteso. Uno scenario che di sicuro rende più sereni anche i prossimi mesi del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il quale in cuor suo sarà felice di essersi evitato, per ora, l’ennesima e forse più deflagrante crisi di governo degli ultimi anni.

Sullo sfondo la crisi nera del M5S, destinato all’estinzione o all’isolamento, se non riuscirà a ricalibrare una presenza credibile nei territori. Tra convention e stati generali, tutti i partiti sono chiamati in fretta a riorganizzarsi in vista dei prossimi appuntamenti elettorali: Toscana, Campania, Puglia, Veneto, Liguria e Marche, prima di arrivare il prossimo anno alle elezioni nella Capitale, sempre che la sindaca Raggi riuscirà a resistere anche qui alle forze dissidenti interne al Movimento. Per ora andiamo avanti, con la speranza che si possa tornare a parlare di contenuti, programmi e azioni concrete per spingere questo Paese verso una stabilità economica, una pacificazione sociale e un sistema di diritti e doveri che sia all’altezza delle sfide del nuovo millennio.

Tags: LegaLuigi Di MaioMatteo SalviniMovimento 5 StelleNicola ZingarettiPd
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