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Home Società

La vita “social” dei ragazzi, tra ansia di apparire e vanagloria digitale

Alessandro Alongi di Alessandro Alongi
22 Dicembre 2022 05:26
in Società, Tech
Tempo di lettura: 3 minuti
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I nostri ragazzi si iscrivono precocemente ai social, li usano molto e lo fanno per ottenere una “conferma sociale”. Ma non solo. Ad essere maggiormente utilizzati (più di 2 ore al giorno) sono WhatsApp e TikTok, ma anche Instagram e YouTube. Facebook registra un costante calo, mentre Twitter non è nemmeno preso in considerazione. Si affaccia, invece, un nuovo social di interesse, ovvero Discord. Snapchat, invece, viene utilizzato principalmente per modificare foto da postare successivamente su altri social, perché – sembra – i nostri giovanissimi non si piacciono molto, per cui tendono ad edulcorare digitalmente la propria immagine.

A dirlo una recentissima ricerca sul rapporto tra social e giovanissimi, redatta dal Dipartimento di Scienze Umane, Sociali e della Salute dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale coordinata da Simone Digennaro, PhD, Ricercatore ed Educatore Professionale, Presidente dei Corsi di Laurea in Scienze Motorie. Il campione analizzato si è composto di oltre 2000 ragazzi tutti fra gli 11 e i 13 anni.

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L’88% degli intervistati dichiara di usare con regolarità i social network, nonostante il limite di età stabilito dalla legge per accedere alle piattaforme sia fissato a 14 anni. Addirittura, nei tredicenni, la percentuale arriva sino al 100%, con il 25% dei ragazzi che non adotta nessuna restrizione ai propri profili, che sono visibili a tutti, incuranti della privacy, che non viene percepita come un valore. “La condivisione di contenuti privati su piattaforme visibili in tutto il mondo, senza il diretto controllo e la supervisione degli adulti, espone il minore a rischi enormi, quali ad esempio cyberbullismo, adescamento online e, più in generale, violazioni della privacy”, ha sottolineato il coordinatore della ricerca, Simone Digennaro.

A chiarire il passaggio controverso, ovvero il rapporto dei ragazzi con il proprio “io” digitale, è stato lo stesso Digennaro: “Osservando i dati emerge quello che in sede di analisi abbiamo definito dualismo fra il corpo fisico, quello a cui siamo destinati per natura, e il corpo rappresentato, quello cioè che vogliamo personalizzare e offrire allo sguardo degli altri” ha spiegato il docente.

Dai dati emerge, infatti, che oltre la metà del campione oggetto di analisi ha modificato almeno una volta una foto prima di postarla, così come sovente vengono utilizzati filtri: il 42% dei ragazzi “tarocca” la propria immagineperché vorrebbe essere – nella realtà – così come appare quando utilizza i filtri. Nel caso delle ragazze, 3 su 4 modifica le proprie immagini prima di metterle online: “Possiamo immaginare che le ragazze subiscano una maggiore pressione dei loro coetanei maschi alla regolazione della propria immagine” ha ipotizzato Degennaro.

“I filtri sono diventati strumenti per operare cambiamenti sul proprio corpo, per modificare il proprio aspetto e allinearlo a un’immagine ideale di sé da proiettare all’esterno. Qui emerge chiaramente la questione dell’opposizione tra il sé reale e il sé immaginato. Emergono dei chiari disturbi a livello dell’immagine corporea – aspetto quest’ultimo essenziale per il benessere individuale – in quanto la costante esposizione a ideali di bellezza e di aspetto fisico irraggiungibili creano un forte contrasto tra la percezione del proprio corpo e il modello a cui si aspira” ha concluso Digennaro. Tralasciando forse di dire “mala tempora currunt”.

Tags: giovaniSocial networkTikTokwathsapp
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Alessandro Alongi

Alessandro Alongi collabora nell’ambito del modulo di “Diritto della rete” all’Università Alma Mater Studiorum di Bologna. Laureato in Giurisprudenza e in Scienze Politiche, è specializzato in Relazioni istituzionali e Diritto parlamentare e attualmente si occupa di tematiche giuridiche e regolamentari presso l’Organo di vigilanza sulla parità di accesso alla rete di TIM, oltre a svolgere attività di ricerca nell’ambito del Diritto dell’innovazione, del quale è autore di diversi studi e approfondimenti.

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