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Home Politica Parlamento

Il caso. Equo compenso più forte, ma non per tutti

Stefano Bruni di Stefano Bruni
22 Dicembre 2017 10:09
in Parlamento, Società
Tempo di lettura: 3 minuti
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Il caso. Equo compenso più forte, ma non per tutti

Nunzia De Girolamo, deputata di Forza Italia (Photo credits: LaPresse)

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Nuovo emendamento per irrobustire la norma. Ma la Ragioneria Generale scrive che non c’è copertura. Il relatore riporta il testo in Commissione e lo modifica…

di Stefano Bruni

Una legge di bilancio così confusa e disordinata forse non c’è mai stata.

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Il vizietto

Ieri infatti, come anticipato da Labparlamento, il testo del provvedimento 4768 – A è stato rispedito dall’aula in Commissione Bilancio. Il motivo di questa insolita procedura è scritto in una nota della Ragioneria Generale dello Stato, nella quale si legge che sono stati rilevati “seri profili di criticità ai sensi dell’art. 81 della Costituzione a seguito dell’approvazione di alcuni emendamenti scoperti o problematici”.

Il primo di questi emendamenti “critici” era relativo all’equo compenso, introdotto di recente in sede di approvazione del cosiddetto “decreto fiscale” e già modificato in sede di legge di bilancio da un emendamento (il 45.1) presentato dall’On. De Girolamo (FI).

Una ”manutenzione” necessaria secondo le professioni, Agrotecnici e pochi altri esclusi, che già avevano annunciato nella loro manifestazione del 30 novembre scorso a Roma questo intervento correttivo della norma approvata pochi giorni prima.

Nello specifico, l’emendamento De Girolamo, sostenuto anche dall’On. Chiara Gribaudo del Pd, aggiungeva il comma 285-bis alla legge di bilancio che modificava l’art. 19-quaterdecies del D.L. n. 148/2017 (decreto fiscale), in materia di equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati e che, a sua volta, ha introdotto un articolo 13-bis nella legge forense n. 247 del 2012.

La disposizione originaria, di recentissima introduzione come si diceva, era volta a garantire all’avvocato, nonché a tutti gli altri lavoratori autonomi, il diritto a percepire un compenso equo nei rapporti con clienti diversi dai consumatori (quindi con clienti c.d. forti, come banche e assicurazioni). Ma le professioni, non contente, hanno voluto “irrobustire” ulteriormente la norma, peraltro poco gradita dall’Autorità per il Mercato e la Concorrenza, prevedendo sostanzialmente tre cose:

  • un più stretto rapporto del compenso con i parametri tariffari previsti da un decreto ministeriale della Giustizia;
  • la presunzione assoluta di vessatorietà di una serie specifica di clausole, che mantengono tale natura anche quando siano state oggetto di specifica trattativa e approvazione;.
  • l’eliminazione della disposizione che attualmente prevede che l’azione di nullità possa essere esercitata entro 24 mesi dalla sottoscrizione del contratto che viola la disciplina sull’equo compenso (conseguentemente l’azione di nullità diviene imprescrittibile).

Uno sforzo essenziale secondo la De Girolamo poiché, la norma inizialmente approvata “rischiava di non essere in grado di tutelare i professionisti (anche quelli della legge n. 4 del 2013). …..La misura appariva per certi versi timida e contraddittoria”, ha proseguito. “La riforma sembrava essere poi svuotata nel momento stesso in cui permetteva la modifica dei parametri a cui si deve far riferimento”.

Grande successo e grande soddisfazione dunque per tutti, ma fino a quando è arrivata la missiva della Ragioneria Generale dello Stato di cui si diceva, nella quale veniva sostanzialmente chiesto di “espungere” l’emendamento in questione o “preferibilmente” di riformularlo.

Da quel momento i telefoni di Marina Calderone (Presidente del Comitato Unitario Professioni – Cup) e di Armando Zambrano (Presidente della Rete delle professioni tecniche), promotori e sostenitori degli emendamenti sull’Equo compenso, sono diventati roventi.

E mentre i telefoni squillavano, la manovra, anche per altre osservazioni della Ragioneria Generale, abbandonava l’aula di Montecitorio per tornare in Commissione: al Presidente – relatore Boccia l’arduo compito di rimettere in ordine i conti del provvedimento.

Detto fatto. Otto emendamenti del relatore, tra cui quello sull’equo compenso che escludeva dall’applicazione della norma gli agenti della riscossione, l’ordine era ristabilito e la legge tornava in aula, lievemente modificata.

Lì, ad attenderla, c’era la ministra per i rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, incaricata di porre la questione di fiducia, a nome del Governo, sull’approvazione senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi dell’articolo 1 del disegno di legge bilancio, nel testo modificato dalla Commissione, a seguito del rinvio deliberato dall’Assemblea, ad esclusione delle disposizioni espunte dalla Presidenza.

Alle 10.30 di questa mattina si terranno le dichiarazioni di voto finale, in modo da consentire l’approvazione del provvedimento nella tarda mattinata per consentire l’arrivo al Senato in giornata, per la terza ed ultima lettura.

E se tutto andrà bene, questa complicata legge di bilancio andrà direttamente sotto l’albero di Natale…

Tags: Equo compensoLegge di bilancio
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