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Home Società

Rifiuti / Simona Grossi (Greenthesis), “servono impianti integrati con l’economia circolare”

Redazione LabParlamento di Redazione LabParlamento
13 Settembre 2021 06:43
in Società
Tempo di lettura: 3 minuti
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Simona Grossi (Greenthesis Group), la green economy è il futuro solo se si investe sulla formazione
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“In Italia, purtroppo, come è possibile evincere dal Rapporto 2020 dell’Istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), a fronte della crescita dei rifiuti prodotti, si ha una diminuzione degli impianti atti al loro smaltimento”. Da questo punto di vista “le discariche, se ben gestite, non sono un male, ma possono al contrario essere tassello importante nel mosaico della corretta gestione del rifiuto”. Così, in un’intervista a LabParlamento, la dottoressa Simona Grossi, Vicepresidente Esecutivo di Greenthesis S.p.A., Gruppo leader nel panorama nazionale ed estero nel settore del trattamento, recupero, smaltimento e valorizzazione, anche energetica, dei rifiuti, oltre che nel settore delle bonifiche ambientali.

Nella gestione dei rifiuti resta in Italia il gap relativo agli impianti di trattamento che sono di gran lunga insufficienti rispetto al fabbisogno reale e a quanto avviene in altri Stati europei. Pensiamo ai milioni di euro che spende Roma per smaltire i rifiuti fuori regione. Può spiegarci i vantaggi in termini economici e ambientali nel trattare i rifiuti indifferenziati con gli impianti di ultima generazione?

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“Viviamo in un mondo in cui nei prossimi 10 anni più di 3 miliardi di persone entreranno a far parte della classe media beneficiando e godendo (giustamente) di beni e servizi e, in ultimo, producendo rifiuti. Andiamo incontro a un mondo in cui, nonostante tutte le azioni a correzione che metteremo in atto per giungere a una piena circolarità e a una riduzione delle produzioni, dovremmo invece sempre di più fare i conti con un’ingente quantità di rifiuti indifferenziati, per i quali è necessario pensare a un corretto smaltimento. Sì, quindi, a impianti che si integrino all’interno di un sistema di Economia Circolare a 360°, attento alla continua ricerca in termini di avanzamento tecnologico. In Italia, purtroppo, come è possibile evincere dal Rapporto 2020 dell’Ispra, a fronte della crescita dei rifiuti prodotti, si ha una diminuzione degli impianti atti al loro smaltimento”.

Se gli impianti rispettassero determinati parametri di Salute, Qualità e Sicurezza e mettessero in atto tutte le azioni compensative del caso, non sarebbe meglio trattarli in Italia, giovando anche del recupero energetico e di materia che questo comporta?

“Il problema della gestione è piuttosto complesso e purtroppo è questo ciò che accade, a cascata, quando mancano gli impianti: i rifiuti vengono gestiti fuori regione, o fuori nazione; per trasportarli bisogna prevedere tratte più lunghe; un numero maggiore di camion si riverseranno nelle strade; più camion genereranno più inquinamento; i costi di gestione si alzeranno e ricadranno sulle tasche dei cittadini con un aumento significativo della TARI”. 

Quindi, cosa consiglia? 

“È necessario mettere a punto una strategia di gestione che guardi al medio-lungo periodo, per migliorare le performance attuali, comprendente innanzitutto una diversificazione degli impianti che faccia in modo che ciascuno operi il più efficientemente possibile: impianti per organico e fanghi (nei quali procedere per digestione anaerobica); impianti per le frazioni secche e per i rifiuti industriali (piattaforme di trattamento e stoccaggio); impianti di recupero di materia (per gli imballaggi recuperabili e i RAEE); impianti di recupero energetico (Biometano Avanzato, Bio-LNG, Termovalorizzazione e Teleriscaldamento) e infine discariche (per gli scarti della raccolta differenziata e per i rifiuti non riciclabili.

Questo genererebbe posti di lavoro, farebbe sviluppare sinergie nazionali per investimenti nell’ambito dell’innovazione, ridurrebbe l’export gravando meno nelle tasche dei cittadini, ma presupporrebbe un tassello che nel nostro paese è purtroppo una nota dolente: la sburocratizzazione di molti passaggi che rallentano enormemente la gestione dei flussi”.

Sappiamo, infine, che esiste il cosiddetto “tal quale” che non potrà mai essere in alcun modo riciclato e per quello rimarranno in uso le discariche, definite di servizio. In che modo viene garantita la sicurezza ambientale di questi luoghi?

“La sicurezza ambientale delle discariche può essere, ed è, in molti casi, una realtà ma alcune azioni concrete sono da attuare costantemente affinché si garantisca nel tempo efficienza e sicurezza di questi siti: implementare le innovazioni tecnologiche per un migliore efficientamento; avere un sistema di controllo stringente, ma che non implichi rallentamenti burocratici; costruire impianti adatti nei quali lavorino responsabili specializzati del settore; portare avanti un’attenta formazione e informazione dei cittadini (molto spesso contrari per mancanza di coinvolgimento e informazioni dettagliate e autorevoli); generare cooperazione tra gli stakeholders; dare vita a un insieme di regole che siano uguali per tutti; investire in modo omogeneo nei diversi siti. Le discariche, se ben gestite, non sono un male, ma possono al contrario essere tassello importante nel mosaico della corretta gestione del rifiuto”. 

Tags: ISPRArifiuti
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