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Home Economia

Chi è senza debito scagli la prima pietra

Stefano Gianuario di Stefano Gianuario
22 Marzo 2019 17:02
in Economia, Europa, Società
Tempo di lettura: 4 minuti
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Pensioni e riforme: dal 1995 lo scoglio inevitabile per tutti i governi
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Secondo un rapporto diffuso da Standard & Poor’s, i debiti dell’economia mondiale hanno superato i 178mila miliardi di dollari. A livello globale le aziende sono indebitate per 71 mila miliardi, i governi per 62mila miliardi e le famiglie per oltre 45mila miliardi. Italia ‘salvata’ dal debito privato 

di Stefano Gianuario

Se i Paesi del mondo fossero dei giocatori d’azzardo sarebbero tutti, senza esclusione alcuna, dei debitori cronici sempre più assuefatti al rischio.
Quanto peggio la sola capacità che dimostrerebbero al tavolo da gioco sarebbe  quella di puntare – sempre di più – senza riuscire a batter cassa in nessuna mano. Per rendere più efficace il paragone si potrebbe pensare ai cani che giocano a poker resi celebri nelle tavole del pittore statunitense Coolidge.

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Non si tratta di affermazioni forti e nemmeno di accuse generiche perché, come sempre, si possono trovare i numeri a supporto di queste.

L’assist viene fornito da Standard & Poor’s attraverso un rapporto diffuso negli scorsi giorni – ma poco ripreso dai media – circa i debiti dell’economia mondiale. Secondo lo studio che compara i valori del 2008 a quelli del 2018 – fotografando così l’economia pre e post Grande Recessione – i debiti dell’economia del globo sono arrivati a superare 178mila miliardi di dollari pari al 234% del PIL mondiale. Un dato che, seppur riesca già da sé a far rabbrividire, non tiene conto del mondo finanziario e per questo è il caso di dare un’occhiata ai conti fatti dall’Institute of International Finance che fissa il debito complessivo a 244mila miliardi di dollari alzando l’impatto sul PIL mondiale al 318%.

Disquisire sulle cifre è un mero esercizio di stile e infatti quel che interessa di entrambi gli studi è la tendenza, sulla quale son concordi così come lo sono altri rapporti e analisi, che è – inutile dirlo – in costante crescita.
Verrebbe da chiedersi come sia possibile che il mondo sia sempre più indebitato e, forse conseguentemente, con chi si contraggono questi debiti.

La prima domanda (implicita) trova una risposta (esplicita) abbastanza semplice: le Banche Centrali hanno reso, dopo la Grande Recessione, più facile l’accesso al credito per non paralizzare un’economia timorosa di altri passi falsi mentre, ancora una volta le banche (ma anche le assicurazioni e i fondi) hanno mostrato un grande interesse nell’acquistare il debito altrui coltivando una lista di debitori di nomi “pesanti”, ovvero quelli di intere nazioni.

Sì perché, forse è il caso di precisare, il debito complessivo si compone di ogni forma di debito: societario, governativo e familiare e, i debiti, li contraggono tutti.
Ma proprio tutti.

Sempre secondo i dati S&P sono indebitate, a livello globale, le aziende per 71mila miliardi di dollari, i governi per 62mila miliardi e le famiglie per oltre 45 mila miliardi.

In questa forma di “ludopatia economica” che coinvolge tutto il mondo si penserà, quasi certamente, che l’Italia sia in fondo alla classifica, il classico “fanalino di coda”, la “maglia nera” e chi più ne ha meno ne metta, suvvia.

Non è così o meglio, non proprio.
Il debito più massiccio lo ha accumulato la Cina, proprio il Paese che si teme sia prossimo a colonizzare – sempre economicamente si intende – il nostro Paese.
Il Dragone ha visto il suo debito complessivo passare, nell’ultimo decennio, dal 93% al 155% del PIL e, analizzando i dettagli si scopre che è il debito societario a pesare di più, ovvero sono le aziende a cercare prestiti che arriverebbero però dalle banche che in Cina son nazionali e quindi, in qualche modo, tutto rimane entro i grandi confini domestici.

Se Atene piange Sparta non ride si diceva una volta e, nell’economia globalizzata l’antagonista della Cina risponde al nome di Stati Uniti. In questo caso è il debito pubblico a essere preoccupante, con una crescita di mille miliardi annui, pari a circa dieci volte il debito di Italia, Francia, Germania e Regno Unito.
Ma anche i “compagni di classe” europei, per una volta, non fanno meglio dell’Italia. La Francia ha un debito complessivo pari a circa il 371% del suo PIL e il Regno Unito pari al 280% entrambi ben superiori alla media delle economie sviluppate che fissa la percentuale al 266%.

E veniamo all’Italia: se è vero che il debito pubblico resta un macigno sulle spalle di ogni cittadino italiano e una spina nel fianco per ogni governo, il debito complessivo della Penisola si attesta attorno al 256% del PIL, elevato sì ma comunque inferiore di un buon 10% alla media delle economie sviluppate e ben al di sotto rispetto agli altri Paesi europei. Ma cosa porta un Paese come l’Italia spesso problematico, soprattutto in ambito economico, ad avere dei risultati così positivi in una materia altrettanto ostica? La risposta è presto detta: gli italiani.

Il debito privato, quello delle famiglie per intendere, è ben al di sotto della media globale e anche rispetto alle altre economie del G7, attestandosi attorno al 40% del PIL. Gli italiani sono risparmiatori e vantano anche un patrimonio netto – per lo più immobiliare – spesso superiore ai loro redditi e questo insieme di fattori fa da contraltare all’alto debito pubblico.

Inoltre, anche lato debito societario, cioè per quanto riguarda le aziende, gli imprenditori italiani si rivelano più lungimiranti dei colleghi internazionali essendo stati in grado addirittura di ridurre il debito dal 2008 al 2018, in netta controtendenza con il trend globale.

Quasi a pensare, senza scadere in squallide demagogie, che il modello economico italiano dovrebbe davvero partire dal basso, dalla gestione ordinaria delle proprie spese di ogni cittadino italiano.

Tags: Debito pubblicogoverni e debito pubblicoPil
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Stefano Gianuario

Stefano Gianuario, milanese, classe ’85. Giornalista e scrittore si è sempre occupato di economia scrivendo per lo più di trasporto aereo e aziende del turismo. Autore del romanzo “Vanilla Scent” Robin Edizioni (2017)

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