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Home Economia

Prof. Manelli (Università Marche): “Eliminare il contante è tecnicamente impossibile”

Daniele Piccinin di Daniele Piccinin
22 Ottobre 2019 14:57
in Economia, Europa, Interviste, Istruzione
Tempo di lettura: 4 minuti
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Bianchi (Svimez): “Bene incrementare i pagamenti con moneta elettronica, ma serve nuovo Patto tra Stato e cittadini”
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Passata la notte dei lunghi coltelli, con i partiti di maggioranza che, come in una partita di poker, si sono giocati l’all in per garantire che nella Manovra 2020 fossero incluse almeno alcune delle promesse fatte ai rispettivi elettori, uno dei temi caldi che in queste ore sta scatenando il mondo finanziario è la questione dell’evasione fiscale e le rispettive ricette per contrastarla. Ne abbiamo parlato con il prof. Alberto Manelli, docente di Finanza Aziendale presso l’Università Politecnica delle Marche di Ancona, che ci svela subito come quello dell’abolizione del contante sia una fake news

di Daniele Piccinin

Prof. Manelli, il governo pare abbia trovato la quadra sulla questione dei pagamenti elettronici e del progressivo superamento del contante. Cosa ne pensa? 

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Bianchi (Svimez): “Bene incrementare i pagamenti con moneta elettronica, ma serve nuovo Patto tra Stato e cittadini”

Volendo fare un po’ di chiarezza sulla questione, sarebbe sufficiente leggere con attenzione alcuni documenti predisposti dalla Banca d’Italia, organismo che tra i suoi compiti ha proprio quello di vigilare sul contante e sul suo uso. È facile però notare come questi documenti risultino ai più incomprensibili perché molto tecnici e, comunque, anche per gli esperti richiedono molto tempo per essere letti e compresi: molti, allora, ad iniziare purtroppo dagli stessi decisori politici, preferiscono formarsi un convincimento sul “sentito dire”.

Ci riassuma i punti a suo parere più critici di questo provvedimento.

“Il tetto all’utilizzo del contante, seppur con massimali diversi, esiste in Italia sin dal 1991, allora il limite era fissato a 20 milioni di lire, grosso modo 10 mila euro di oggi, e fu introdotto dal settimo governo Andreotti. Nonostante questo, non si può certo dire che l’imposizione del limite all’utilizzo del contante abbia inciso un granché sul tasso di evasione fiscale: anzi, a sentir parlare alcuni, parrebbe che l’evasione fiscale sia negli ultimi anni aumentata, a dimostrazione della scarsa efficacia delle misure restrittive in materia di contanti”.

Molti paesi Ue si sono però mossi in questa direzione, giusto?

“In Europa le limitazione all’uso del contante sono presenti in 12 paesi, con Francia, Portogallo, Grecia e Spagna tra i più severi, nei primi due il massimale è fissato a 1.000 euro, nel terzo a 1.500 ed in Spagna a 2.500 euro, e Polonia, Croazia e Repubblica Ceca tra quelli più permissivi, rispettivamente con 15 mila euro i primi due e 14 mila euro il terzo. Tra i paesi che applicano i limiti non c’è la Germania, che pure è di gran lunga la più ricca economia del continente europeo”.

E dai noi cosa avviene?

“L’uso del contante, come strumento di pagamento, è ancora assolutamente prevalente in Italia, tanto da rappresentare l’85,9% in volume e 68,4% in valore, contro un uso delle carte che si attesta al 12,9% in volume e al 28,6% in valore”.

Questi dati sembrano però smontare la tesi che l’abolizione del contante sia una panacea di tutti i mali dell’evasione fiscale.

“Sicuramente questi numeri oggettivi rendono poco spiegabile l’accento posto sui limiti all’uso del contante come strumento di prevenzione e repressione dell’evasione: l’unica spiegazione plausibile è una certa avversità ideologica verso certe categorie di professioni, che si suppone essere più propense all’evasione. Ovviamente la si può pensare come si vuole, ma non sarà certo attraverso la limitazione del contante che si amplierà la base imponibile e questo per una semplice ragione: finché esisterà il contante è sempre possibile creare un canale parallelo attraverso il quale evadere il fisco. In altre parole, è sufficiente che esista la moneta contante perché si possa ricorrere a pagamenti non tracciabili, con tutte le conseguenze immaginabili in materia fiscale”.

Quindi l’unica via sarebbe l’abolizione del contante, ma è una strada percorribile?

“Si tratta di una soluzione tecnicamente impossibile, perché, come era scritto sulle vecchie banconote in lire, queste sono “pagabili a vista al portatore” (oggi sulle banconote in euro la frase non è riportata perché dovrebbe essere scritta in troppe lingue diverse, ndr) e cioè chi offre la banconota come pagamento è liberato dal suo debito e chi la riceve non può rifiutarla, a meno che non abbia preventivamente avvisato il pagatore. Quest’ultima facoltà è poi limitata ai soggetti privati e non anche ai soggetti pubblici o a quelli che svolgono servizi regolamentati da apposite leggi (si pensi alle banche, alle Poste, ecc.). Quindi, è possibile limitare l’uso del contante, ma non azzerarlo.

Abolirlo no, ma si potrebbe limitarne l’uso con incentivi, come quelli previsti nella Manovra 2020. 

“Anche sugli strumenti per limitare l’uso del contante bisogna riflettere bene: se si dovesse supporre che la solo eliminazione della commissione sui pagamenti elettronici possa essere sufficiente a ridurre sensibilmente i pagamenti in contanti, si commetterebbe un grande errore. Considerato che l’intermediario finanziario, gestore del sistema di pagamento, deve in qualche modo essere remunerato e che l’unica modalità per fare questo, in caso di eliminazione delle commissioni, è caricare il maggior costo sul prezzo di vendita, la conseguenza indiretta sarebbe quella di rendere più conveniente l’acquisto in contanti con un potenziale ulteriore sconto”.

Quali possono essere, a suo parere, delle soluzioni possibili?

“Non volendo però sottrarsi ad essere propositivi, si ritiene che una qualche efficacia per la riduzione del contante possa essere garantita, in primo luogo, dalla eliminazione delle banconote di taglio maggiore (500 euro, 200 euro ed anche 100 euro), così da rendere più difficile trasferire somme in contanti. Tuttavia, la vera soluzione sta nel porre in conflitto gli interessi di chi paga e di chi incassa: in breve, se chi paga potesse dedursi fiscalmente i pagamenti eseguiti con moneta elettronica, avrebbe tutta la convenienza a cercare di effettuarli con questa ultima modalità. A riprova dell’efficacia di una simile condizione, si osservi quanto accaduto in Grecia, dove per recuperare base imponibile è stata introdotta una norma che consentiva al cliente di non pagare se il commerciante non avesse emesso lo scontrino fiscale: questo semplice vincolo è riuscito a ridurre di molto l’evasione fiscale nell’ambito del commercio al minuto”.

Tags: Evasione fiscalePagamenti elettronici
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