“Jan Palach e la primavera di Praga” è un un romanzo di Umberto Maiorca che, come spiega a LabParlamento l’autore, “nasce quasi come uno scherzo, anzi un caso. Conoscevo la storia di Jan Palach, ma non pensavo di confrontarmi con il personaggio e la sua storia”.
“Doveva essere la sceneggiatura per un fumetto, ma poi sono cambiate le cose e il mio confrontarmi con Jan Palach ha preso un’altra strada, quella della biografia romanzata. Una sorta di racconto giornalistico della grande storia dei popoli e delle persone, un racconto costruito giorno dopo giorno, seguendo gli eventi e descrivendo le idee con i dialoghi. Questo è il mio Jan Palach, magari qualcuno potrà non essere d’accordo, ma questo è quello che io ho vissuto attraverso la vita di un giovane martire”.
Ma chi era realmente Jan Palach alla cui storia si ispira Umberto Maiorca? Il 16 gennaio del 1969, a cinque mesi dall’invasione dei carri armati del Patto di Varsavia, un giovane cecoslovacco si immola per gridare al mondo il desiderio di libertà del suo popolo. Eroe per una generazione di studenti e militanti, sprovveduto per i politici filosovietici e per chi continuava a credere nel paradiso dei lavoratori.
L’autoimmolazione di Jan Palach non fu un suicidio, ma un gesto per risvegliare il popolo dalla disperazione in cui è caduto e ridestare le coscienze delle persone che avevano vissuto l’esaltante esperienza di libertà della Primavera di Praga, seguendo Dubček e i riformisti e che, dopo l’invasione, erano scivolate nel torpore della “normalizzazione” sovietica.
“Il giovane studente cecoslovacco – ricorda Maiorca nelle tante presentazioni del libro in giro per l’Italia prima della pandemia – aveva visto con i suoi occhi la privazione totale di libertà e umanità del comunismo sovietico e aveva conosciuto anche la ribellione dei figli contro i padri del ’68 francese, contestandola e proponendo un cammino comune verso la libertà e la storia. Jan amava la sua Patria e volle dare corpo al suo desiderio di vederla liberata da un’ingiusta oppressione, offrendo, da martire, la sua la stessa vita”.
Significativa e profonda la risposta di Umberto Maiorca ad una specifica domanda su cosa lasci in eredità Jan Palach al mondo contemporaneo: “Jan Palach lascia un’eredità morale fondamentale per tutti: la libertà è un bene supremo al quale si può sacrificare tutto. Teologi e filosofi si sono interrogati sul gesto del giovane studente, concludendo che pur condannando il suicidio, quello di Palach non lo fu. Quello di Palach, pur da non imitare come scrisse Paolo VI, è un atto di amore verso gli altri, verso la Nazione. È anche un duro monito a chi si abbatte, a chi rinuncia, a chi non crede che l’umanità sia migliore di quella ipotizzata e sperimentata dai regimi comunisti. L’eredità di Palach è tutta in una frase: l’uomo deve lottare contro quei mali che può affrontare con le sue forze”.