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Lavoro / Indagine Istat-Unar, il 40% delle donne lesbiche e bisessuali ha subito discriminazioni

Redazione LabParlamento di Redazione LabParlamento
01 Aprile 2022 06:35
in Società
Tempo di lettura: 4 minuti
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Lavoro / Indagine Istat-Unar, il 40% delle donne lesbiche e bisessuali ha subito discriminazioni
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Tra le persone omosessuali e bisessuali in unione civile o già in unione che vivono in Italia, una su tre dichiara di aver subito almeno un evento di discriminazione, non necessariamente legato all’orientamento sessuale (es. origini straniere, aspetto esteriore, problemi di salute, convinzioni religiose o idee politiche, genere, etc.) mentre cercava lavoro. La percentuale risulta più alta tra le donne (in 4 casi su dieci, sia tra le lesbiche che tra le bisessuali). 

Il fenomeno è meno diffuso tra i gay (28,2%), ma anche in ragione dell’età mediamente più elevata di questo gruppo. A riportare maggiormente comportamenti discriminatori sono infatti le persone più giovani (la metà delle persone tra 18-34 anni), gli stranieri e le persone con un titolo di studio più basso.

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Il 57,7% di quanti hanno indicato di aver subito almeno un evento di discriminazione nella ricerca di un’occupazione (61,1% tra le donne, 64% tra le bisessuali) riferisce di aver ricevuto un’offerta di lavoro senza contratto in relazione a caratteristiche della persona non rilevanti ai fini dell’attività lavorativa da svolgere.

Inoltre, tra gli episodi più frequenti, è riportato non aver ottenuto il lavoro pur avendo requisiti simili o equiparabili ad altri candidati (48,8%). I dati mostrano alcune differenze riconducibili soprattutto ai divari di genere nell’accesso al lavoro: tra le donne il secondo evento più frequente è la proposta di una retribuzione inferiore a quella prevista o concessa ad altri per le stesse mansioni, situazione indicata da circa la metà delle rispondenti. 

Nel complesso, tra quanti hanno indicato almeno un evento, il 60,8% dichiara di aver sperimentato diversi tipi di eventi discriminatori; il 6,1% tutte le cinque casistiche previste dal questionario. Con riferimento all’ultimo evento accaduto (nel 34% dei casi verificatosi negli ultimi 3 anni), circa 4 persone su dieci non riconducono l’evento a una caratteristica in particolare, come l’orientamento sessuale, l’età o il genere di appartenenza, ecc., non hanno saputo indicarla o preferiscono non rispondere. Il restante 43,4% ha indicato un solo fattore, l’11,6% due, il 4,8% tre o più. 

Il 23,2% dichiara di essere stato trattato meno bene degli altri per motivi legati al proprio orientamento sessuale, segnalato in misura minore dalle donne (15,4% e in particolare dalle bisessuali) che invece indicano come motivo più ricorrente il proprio genere (44,7%). 

La seconda motivazione di discriminazione segnalata è l’età (15,8%) con una quota simile tra donne e uomini. In particolare, sono i più giovani a indicare con più frequenza tale fattore (il 21,5% dei 18-34enni). Inoltre, nel confronto con le altre fasce di età, i giovani riferiscono più spesso caratteristiche legate all’aspetto esteriore, all’origine straniera, a problemi di salute e invalidità. 

Considerando invece comportamenti di auto discriminazione specificatamente legati al proprio orientamento sessuale, il 6,3% delle persone omosessuali e bisessuali in unione civile o già in unione dichiara di non essersi presentato a un colloquio di lavoro o di non aver presentato domanda per un lavoro, pur avendone i requisiti, perché pensava non sarebbe stato preso a causa del proprio orientamento. La quota è doppia (12,6%) per chi afferma di non essersi presentato perché pensava che l’ambiente di lavoro sarebbe stato ostile al suo orientamento sessuale. 

La ricerca di lavoro si conferma quindi una fase critica per i più giovani che segnalano maggiormente esperienze di discriminazione. A spiegare questa circostanza contribuiscono sicuramente diversi fattori legati alle differenze di contesto e l’aver vissuto il passaggio scuola/lavoro in un tempo più recente.

D’altra parte, quasi una persona omosessuale o bisessuale su due (46,9%) dichiara di aver subito almeno un evento di discriminazione a scuola/università, a conferma della delicata fase di formazione che precede l’inserimento nel mondo del lavoro e i possibili effetti che questa può avere sui successivi percorsi di studio e lavoro. Il fenomeno viene indicato maggiormente dagli uomini, dalle persone omosessuali rispetto ai bisessuali, dai più giovani (il 61,6% dei 18-34enni) e da coloro con un livello di istruzione più alto. Con riferimento all’ultimo evento, che per oltre la metà è avvenuto alle scuole superiori, l’orientamento sessuale viene indicato dal 64,5% tra i motivi per cui si ritiene di essere stati discriminati. Seguono nella graduatoria delle caratteristiche l’aspetto esteriore (30,7%), che tra i più giovani arriva al 40,2%, e infine gli altri motivi (9,7%).

Clima ostile e aggressioni in ambito lavorativo

Circa una persona su cinque, occupata o ex-occupata in Italia, dichiara di aver vissuto un clima ostile o un’aggressione nel proprio ambiente di lavoro, con un’incidenza leggermente più elevata tra le donne (21,5% contro 20,4%), sia lesbiche che bisessuali, tra i giovani (26,7%), gli stranieri o apolidi (24,7%) e le persone che vivono nel Mezzogiorno (22,6%). 

Il fenomeno è più diffuso tra i dipendenti o ex-dipendenti e riguarda più spesso l’essere stati calunniati, derisi o aver subito scherzi pesanti (46,5% di quanti hanno segnalato di aver sperimentato almeno un evento di clima ostile o aggressione), l’essere stati umiliati o presi a parolacce (43,9%). 

L’episodio maggiormente segnalato dagli indipendenti (o ex-indipendenti) è invece l’aver ricevuto offese, incluse quelle di tipo sessuale (45,6%). A prescindere dal tipo di occupazione, sono le donne a subire tali offese più di frequente (43,8% contro 30,3% degli uomini) mentre tra gli uomini è molto superiore la quota di quanti sono stati calunniati, derisi o che hanno subito scherzi pesanti. 

Inoltre, il 23,1% delle persone omosessuali o bisessuali (in unione civile o già in unione) dichiara, con riferimento all’ultimo lavoro svolto, di essere stato minacciato in forma verbale o scritta, e il 5,3% di aver subito un’aggressione fisica, con incidenze più alte tra gli uomini. Più della metà dei rispondenti ha subito più episodi tra quelli rilevati. 

Tags: discriminazioniLavorolgbtUnar
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