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Home Società Istruzione

Bes 2017: fine della crisi, ma più differenza sociale

Stefano Bruni di Stefano Bruni
15 Dicembre 2017 17:05
in Istruzione, Società
Tempo di lettura: 3 minuti
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Bes 2017: fine della crisi, ma più differenza sociale
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Si conferma la longevità italiana, cresce l’incertezza per il futuro, cala la partecipazione politica

di Stefano Bruni

Siamo usciti dalla crisi, ma con le ossa rotte, dice il Rapporto sul Benessere equo e sostenibile (Bes) 2017, presentato oggi a Roma nella sede dell’Istat.

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Già, perché se è vero che nel 2016 continua ad aumentare il reddito disponibile delle famiglie (+ 1,6% rispetto all’anno precedente) è altrettanto vero che è aumentata la diseguaglianza (l’indice di riferimento cresce dello 0,5 nel 2015) all’interno del tessuto sociale e che continua a permanere elevata l’incidenza della povertà assoluta (+7,9%), soprattutto tra i più giovani (1 milione e 292 mila sono in questa condizione).

La crisi economica di questi anni ha dunque cambiato la fisionomia dell’Italia, ma anche evidenziato quanto sia importante impostare le politiche pubbliche non solo guardando al Pil, ma tenendo conto anche di quanto accade nella società. Insomma, la crisi ha concretamente dimostrato la centralità degli indicatori del Bes per individuare il giusto percorso di sviluppo, equo e sostenibile appunto, del Paese. Dunque, come disse Bob Kennedy, il Pil non misura tutto, ma soprattutto non è detto che da solo possa fare la felicità delle persone.

E gli elementi e gli spunti di riflessione che derivano dai dati illustrati sono veramente tanti.

Anzitutto basta dare uno sguardo d’insieme alle varie dimensioni del Bes per verificare i diversi andamenti dei vari domini, che potrebbero essere suddivisi in quattro macro aggregati.

Il primo è quello delle “buone notizie”, quello cioè dove si possono inserire i domini che hanno registrato miglioramenti (Istruzione e formazione, Occupazione, Politica e istituzioni, Sicurezza (omicidi e reati predatori).

I dati dicono infatti che cresce la partecipazione ai processi formativi, che aumentano i giovani tra i 30 e i 34 anni che hanno concluso percorsi universitari o di pari livello (oltre il 26%, in linea con gli obiettivi nazionali per Europa 2020) anche se l’Italia rimane lontana dalla media Ue.

Sul fronte del lavoro invece alcuni indicatori di qualità del lavoro evidenziano un miglioramento, soprattutto con riferimento all’incidenza dei lavoratori con bassa paga (-0,3 punti percentuali), alla permanenza in lavori instabili (+2,9 punti di occupati in lavori stabili) e ad aspetti soggettivi, legati all’insicurezza per il proprio posto di lavoro (-1,2 punti percentuali nella quota di occupati che temono di perdere il lavoro o di non poterne facilmente trovare uno simile).

Andamenti diversificati si registrano invece nell’evoluzione delle differenze di genere: il gap tra uomini e donne si riduce per quanto riguarda la permanenza in lavori instabili e la bassa retribuzione mentre si amplia per la quota di occupati sovraistruiti.

Il secondo gruppo è quello dei “discontinui”: in esso rientrano i domini che hanno manifestato discontinuità per circostanze diverse e specifiche. Rientrano in questo gruppo i domini relativi a Salute, Ambiente, Innovazione, ricerca e creatività, Benessere economico (con riferimento all’indice composito Condizioni economiche minime) e Benessere soggettivo.

Nel dominio salute si conferma la longevità italiana, seconda in Europa dopo la Spagna, anche se la mortalità per tumori maligni è ancora la principale causa di morte degli adulti nonostante i progressi medici nel campo. In generale, aumenta la soddisfazione per la propria vita (il 41% degli individui esprime un voto tra 8 e 10), ma cresce anche l’incertezza per futuro che infatti spinge i depositi degli individui verso l’alto. La filosofia di vita degli italiani si conferma dunque quella della formica: “non avendo chiaro cosa mi aspetta per il futuro, provvedo a mettere in casa un po’ di risorse per gli imprevisti”.

Nel macro aggregato dei “domini in recupero” vanno invece l’indice composito del Paesaggio e patrimonio culturale e quello relativo alla Qualità del lavoro.

Tornano a crescere infatti la spesa pubblica per la cultura e gli investimenti nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio culturale, così come sale l’attenzione per il paesaggio nelle politiche agricole.

Contemporaneamente, si arresta la crescita del fenomeno dell’abusivismo edilizio, dilagato nel periodo della crisi.

Nell’ultimo gruppo rientrano invece i domini che hanno fatto registrare un peggioramento.

Tra questi, le Relazioni sociali, la Qualità dei servizi e il Reddito e le disuguaglianze di cui si diceva in apertura.

Cala la soddisfazione per le relazioni familiari e amicali e la partecipazione politica (solo il 36,7% della popolazione di 14 anni e più parla di politica) mentre sul fronte dei servizi si segnala un peggioramento rispetto agli ultimi anni (7,4% delle famiglie dichiara di avere difficoltà a raggiungere almeno 3 servizi essenziali).

Una parte di questi dati, come noto, stanno gradualmente entrando nella programmazione economica del Governo: è un iniziale, importante passo per l’Italia che per prima, in Europa, ha avviato questa esperienza, ma è soprattutto un fondamentale cambio di paradigma dell’azione pubblica.

Leggi il Rapporto sul Bes 2017 dell’Istat

Tags: Bes
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