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Italicum, storia di una svolta

Francesco Scolaro di Francesco Scolaro
06 Maggio 2015 14:58
in Commenti
Tempo di lettura: 4 minuti
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di Francesco Scolaro e di Andrea Spuntarelli

Con il voto di lunedì 4 maggio 2015 si è concluso l’iter di approvazione parlamentare dell’Italicum, legge elettorale fortemente voluta e promossa  dal Presidente del Consiglio e destinata a partire dal luglio 2016 a chiudere definitivamente l’era della Seconda Repubblica, già messa in crisi dai risultati delle elezioni Politiche del febbraio 2013. Proprio in considerazione degli importanti cambiamenti che la riforma produrrà sul sistema politico-istituzionale italiano, appare opportuno ripercorrerne – seppur in modo essenziale – la fase di formazione.

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L’inizio di tale cammino può essere identificato senza incertezze con una data precisa: sabato 18 gennaio 2014, giorno dell’incontro a Largo del Nazareno tra Matteo Renzi, forte dell’elezione a Segretario del PD avvenuta con le primarie dell’8 dicembre 2013, e Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia desideroso di ricoprire nuovamente il ruolo di “Padre Costituente”. Quel giorno furono gettate le basi del Patto che, in seguito alla “staffetta” a Palazzo Chigi tra Letta e Renzi, ha orientato il quadro politico italiano fino all’elezione di Sergio Mattarella a Capo dello Stato.  E sempre in quella circostanza vennero discussi i tratti essenziali di una nuova legge elettorale, che venne ribattezzata dall’ex Sindaco di Firenze “Italicum” in occasione della Direzione del Partito Democratico svoltasi il 20 gennaio 2014. Questi tratti consistevano nell’introduzione di un sistema proporzionale dove il riparto dei seggi sarebbe avvenuto su base provinciale tra le liste o coalizioni di liste che avessero superato alcune soglie di sbarramento (12% dei voti per le coalizioni, 5% dei consensi per le liste coalizzate e 8% per quelle non coalizzate), con l’attribuzione di un premio di maggioranza compreso tra il 53 e il 55 per cento dei seggi alla lista o coalizione che avesse riportato almeno il 35% dei voti espressi. Nel caso nessuno avesse raggiunto tale quota, il premio sarebbe stato assegnato dopo un turno di ballottaggio tra le due liste o coalizioni più votate. Sul piano delle “liste bloccate” (uno degli aspetti più contestati dell’incostituzionale Porcellum), la prima versione dell’Italicum non consentiva comunque all’elettore di poter scegliere direttamente i propri rappresentanti, sebbene prevedesse la presentazione di listini corti con massimo 6 candidati in ogni circoscrizione.

Sono state queste, dunque, le caratteristiche fondamentali del Disegno di Legge che iniziò il suo iter alla Camera alla fine di gennaio 2014. Nonostante la prima lettura del testo si rivelò relativamente breve (concludendosi il 12 marzo 2014, dopo poco più di un mese), già in quella fase si intravedevano alcune delle cause che avrebbero poi determinato lo stallo di 10 mesi (fino a gennaio 2015) del provvedimento al Senato: in primo luogo, l’incertezza sul futuro del carattere elettivo del Senato (inizialmente, difatti, le disposizioni della nuova normativa si sarebbero dovute applicare transitoriamente anche all’Assemblea di Palazzo Madama, interessata dalla parallela discussione del DdL Boschi), poi il sospetto che l’insistenza di Matteo Renzi nel veder approvata rapidamente la “sua” legge elettorale fosse legata non a una volontà di riformare il Paese, ma a un personale desiderio di sfruttare il consenso evidenziato dai risultati delle elezioni Europee del maggio 2014. Elezioni anticipate sarebbero state infatti utili a Renzi sia a compattare (e magari allargare) le fila parlamentari del PD, che a ricevere quell’investitura democratico-popolare che non aveva avuto nel momento in cui era subentrato a Enrico Letta. La somma di tutte queste resistenze, unite al timore di una conclusione traumatica della XVII Legislatura e alle inevitabili polemiche tra partiti che la materia elettorale già porta con sé, non potevano non determinare un rallentamento del percorso di approvazione dell’Italicum.

La svolta che ha messo fine alla situazione di empasse in cui si era venuto a trovare il Disegno di Legge e che ha segnato il cambio di passo decisivo per l’approvazione della riforma elettorale coincide con un’ulteriore data: martedì 9 dicembre 2014, allorché la Senatrice Anna Finocchiaro (relatrice del testo in Commissione Affari Costituzionali) depositò i due emendamenti che recepivano le modifiche all’Italicum concordate da Renzi e Berlusconi, per effetto delle quali la riforma elettorale ha assunto in sostanza i connotati con cui la si conosce oggi (qui un breve riepilogo del testo). Da lì a meno di due mesi, infatti, sarebbe arrivato l’ok da parte dell’Assemblea di Palazzo Madama, dove i voti dei Senatori di Forza Italia si sono rivelati decisivi per neutralizzare il mancato sostegno all’Italicum 2.0 di 23 componenti del Gruppo del Partito Democratico. In quel momento, si è manifestata la prima frattura interna al partito di maggioranza relativa. Come anticipato in precedenza, tuttavia, il secondo via libera alla nuova legge elettorale è datato 27 gennaio 2015, a pochi giorni dall’inizio delle votazioni per la scelta del successore di Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica, ed è stata proprio la decisione di Matteo Renzi di puntare sul nome di Mattarella (non gradito al leader di Forza Italia) a determinare la rottura del Patto del Nazareno e, di conseguenza, della collaborazione sull’Italicum, tanto da determinare infine il paradosso di una FI favorevole a Palazzo Madama e contraria a Montecitorio sul medesimo testo.

Quanto accaduto in terza lettura alla Camera è storia dei giorni scorsi, con la manifestazione esplicita di un’area di dissenso verso il provvedimento all’interno del PD (in virtù della quale la maggioranza renziana ha proceduto alla sostituzione di 10 dem “dissidenti” della Commissione Affari Costituzionali, tra cui esponenti del calibro di Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo e Rosy Bindi), la decisione da parte del Governo di porre la questione di fiducia sulla nuova legge elettorale (che aveva due soli precedenti nella storia dell’Italia unita) e la scena finale di un’Aula della Camera in cui le forze politiche che sostengono l’Esecutivo votano in solitudine le regole del gioco democratico. Quale che sia l’opinione sui contenuti dell’Italicum e sui metodi (ai limiti dei Regolamenti Parlamentari) adottati dal Presidente del Consiglio e dalla maggioranza che lo sostiene per giungere alla sua approvazione definitiva, ciò che è chiaro è che la sua entrata in vigore (1° luglio 2016) rappresenterà uno spartiacque nel panorama politico italiano, in virtù del quale il sistema istituzionale conoscerà dei cambiamenti altrettanto centrali, come ad esempio la fine del bicameralismo perfetto. Di fronte a uno scenario radicalmente mutato, in virtù del quale la prospettiva di una scadenza naturale della Legislatura si rafforza notevolmente, sarà interessante osservare quale verso prenderà la Terza Repubblica che si prospetta all’orizzonte.

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