Interviste

Francesco Apreda, un napoletano nel mondo

Francesco Apreda nasce a Napoli il 18 gennaio del 1974, testardo, sicuro di sé, capricorno, ma queste caratteristiche ce le trasmette ad impatto immediato. Ci accoglie sulla magnifica terrazza del Pantheon Iconic Rome Hotel nel quale, dal 2019, dirige il ristorante Idylio, immediatamente fregiato della stella francese. Sembra che con lo sguardo, di un azzurro irriverente, inizi a raccontare ancor prima che a parole la sua storia.


Ma come è arrivato a diventare un noto chef? Nasce e cresce in un quartiere di Napoli in cui le sparatorie non si facevano troppo desiderare fino a quando il padre, impiegato di banca, decide che per la moglie e i tre figli vuole una vita più tranquilla. Francesco ha tredici anni e lascia la sua città natale alla volta di Formia.
A Napoli studiavo ragioneria, a Formia ho iniziato a frequentare una prestigiosa scuola alberghiera e, grazie a mio padre, ho potuto ricominciare da capo.

Chef Apreda iniziava la sua gavetta a quattordici anni e a diciotto approdava come commis nella cucina, in cui in un futuro prossimo, sarebbe stato Executive Chef per ben sedici anni: il ristorante Imago del Grand Hotel Hassler.
“Il mio compagno di banco a scuola mi chiamò per dirmi che serviva un commis, non sapevo nulla dell’Hassler, ma presi il treno e andai a Roma per il colloquio. Rimasi stupito e per la prima volta pensai che lo chef era quello che volevo fare nella vita.

Ma torniamo agli inizi, quando, dopo varie esperienze nostrane, il ventitreenne Apreda vola a Londra, città in cui trascorrerà i successivi cinque anni. Il periodo londinese consentirà al giovane chef di approcciarsi alla cucina creativa italiana e all’internazionalità di cui farà tesoro. Si dimostra già da subito talentuoso, conquista una meritata popolarità, e l’eco dei suoi successi arriva oltremanica, fino all’Hassler. Lo vogliono a Tokyo per gestire il ristorante Cicerone dell’Hotel Imperiale; Francesco non ha ancora trent’ anni ma già grandi responsabilità.

In Giappone ci resterà tre anni, durante i quali si immergerà completamente nella precisa e rigorosa vita nipponica.
In Giappone è tutto perfetto. All’inizio è stato difficile perché i giapponesi sono schivi, ma abbiamo appreso elementi di una cultura diversa di cui io e mia moglie ci siamo arricchiti.”
Nella vita di Francesco Apreda c’è una costante: la famiglia, sia d’origine che quella derivata, composta da moglie e figli. Lo chef, infatti, cammina fianco a fianco di una sola donna da quando è un ragazzino.
Quando ho conosciuto mia moglie avevamo io 18 e lei 15 anni; è stata fondamentale per la mia carriera, mi incoraggiava e mi ha sempre seguito. Lei è un’artista e dai miei viaggi ha attinto per le sue passioni.”

Nel 2003 Francesco Apreda torna a Roma come chef dell’Imago e quel cerchio, aperto tanti anni prima, si chiude, arricchito da un bagaglio di esperienze multiculturali. Ha inizio, però, l’era dei grandi riconoscimenti, tra cui, per citarne solo alcuni, il premio personalità europee (2006), la stella Michelin per il ristorante dell’Hassler (2009) e, dieci anni dopo, la nuova conquista “stellare”, questa volta con il suo Idylio by Apreda.

Principiano, inoltre, i numerosi viaggi in India che lo chef compie in qualità di consulente dell’Hassler e che lo continuano ad impegnare tutt’ora, intrapresi per l’apertura dei ristoranti Vetro e Travertino, rispettivamente a Mumbai e New Delhi.
In India c’è qualcosa di magico; al ritorno da ogni viaggio porto sempre con me delle spezie. Da tempo ho preso l’abitudine di farmi accompagnare ogni volta da uno dei miei collaboratori, per renderli partecipi delle idee di nuovi piatti.”

Il piatto a cui lo chef è più legato? I cappellotti doppio umami, ripieni di parmigiano di vacca rossa stagionato 36 mesi in brodo freddo di tonno e blend di spezie. Una pietanza che stravolge la secolare tradizione della pasta in brodo, ovviamente caldo! Il piatto è privo di sale aggiunto poiché l’idea di chef Apreda è quella di trovare la sapidità negli equilibri naturali tra e degli ingredienti.
I cappellotti sono il mio manifesto, racchiudono i tre linguaggi culinari che mi rappresentano, italiano, giapponese e indiano. Chi Non mi conosce attraverso questo piatto mi può capire, c’è la mia identità.

L’unicità delle creazioni di Chef Francesco Apreda sta nei suoi piatti che sono il frutto di sogni, sensazioni ed esperienze di vita: se li comprendi puoi dire di aver decifrato anche una parte di lui.

E il suo punto fermo?
Non mi sono mai accontentato. Quando dopo sedici anni ho deciso di lasciare l’Hassler molti mi hanno preso per matto, ma mi mancava, ho finalmente trovato la libertà.”

Quest’ultima risposta arriva con lo stesso tono profondo e solido, che ha accompagnato Francesco nel corso di tutta la narrazione.
Chef Apreda ci piace proprio per questo suo desiderio di mettersi in gioco oltre i brillanti traguardi raggiunti, animato da una fervente voglia di fare di più, di fare meglio. Il segreto del suo successo? Rincorrerlo, perché le fortune non arrivano mai per caso!