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Home Approfondimenti

Paese che vai, reddito di cittadinanza che trovi. Come funziona all’estero?

Stefano Bruni di Stefano Bruni
21 Gennaio 2019 07:36
in Approfondimenti, Economia, Europa, Reddito di cittadinanza e flat tax - Il dossier speciale, Società
Tempo di lettura: 10 minuti
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Paese che vai, reddito di cittadinanza che trovi. Come funziona all’estero?
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Introdotto il reddito di cittadinanza in Italia, sarà operativo da aprile 2019. Diversi i requisiti da rispettare. In Danimarca vige il Kontanthjælp, in Germania l’Arbeitslosengeld II, nel Regno Unito l’Income support, in Irlanda il Supplementary Welfare Allowance. In Francia è in arrivo il Rua (reddito universale di attività). La Finlandia verso la sperimentazione di altre tipologie di riforma del welfare. In Belgio è consentito rifiutare un lavoro, se non congruo con il proprio livello professionale, senza vedersi sospeso il sussidio

di Stefano Bruni

“Oggi fondiamo un nuovo welfare state”, ha detto in conferenza stampa il Vice Premier pentastellato Luigi Di Maio, al termine del Consiglio dei Ministri che ha approvato il decreto legge sul “reddito di cittadinanza”.

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In realtà, una cosa molto simile era già stata proposta molti anni fa da Thomas Paine che nel suo “La Giustizia Agraria” del 1975 aveva prospettato, per risolvere il problema della povertà dilagante in Francia, l’introduzione di una tassa di accesso alla proprietà fondiaria con la quale costituire un fondo poi equamente ripartito tra tutti i cittadini in modo che potessero ottenere una somma abbastanza consistente al compimento della maggiore età seguita da un pagamento annuo dai 50 anni in su. Insomma un antesignano del reddito di cittadinanza o, come dicono alcuni, un Basic Income (reddito base).

Nel tempo però le cose si sono evolute e siamo arrivati, in Italia e negli altri Paesi, ad una serie, piuttosto eterogenea, di proposte per combattere la povertà, tra cui quella, appunto, del reddito di cittadinanza del Governo Conte.

Vediamo di capirne un po’ di più.

A CHI SPETTA?

Come funziona il reddito di cittadinanza

Secondo le slide del Governo, presentate il 17 gennaio da Conte, Di Maio e Salvini, il reddito di cittadinanza andrà a chi si trova al di sotto della soglia di povertà assoluta (cioè con meno di 780 € al mese) e dunque circa 5 milioni di persone rappresentate da 1,3 milioni di famiglie, collocate per il 47% nel Centro-Nord e il 53% al Sud e Isole.

Per accedere al reddito bisognerà essere cittadini italiani, europei o lungo soggiornanti e risiedere in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2 in via continuativa, avere un ISEE inferiore a 9.360 euro annui, un patrimonio immobiliare, diverso dalla prima casa di abitazione, fino ai 30.000 euro e un patrimonio finanziario non superiore a 6.000 euro che può arrivare fino a 20.000 per le famiglie con persone disabili.

Il reddito, così come previsto nel decreto approvato ed elaborata dai tecnici del ministero del Lavoro, coordinati da Pasquale Tridico, sarà operativo da aprile 2019 e andrà richiesto ai Caf, in Posta o all’Inps tramite la presentazione dell’apposito modulo in via telematica o allo sportello. Se la domanda sarà valutata positivamente dall’Inps, verrà erogato su una carta specifica, una prepagata delle Poste (tipo PostePay), che permetterà di prelevare un massimo di 100 euro mensili.

DURATA

Avrà una durata 18 mesi e sarà accompagnato da una serie di “norme anti – divano”: obbligo di seguire corsi di aggiornamento e percorso di inserimento lavorativo che passa tramite tre offerte di lavoro strutturate in modo tale che entro il primo anno, potrà arrivare una prima proposta di lavoro in un raggio di 100 chilometri (o 100 minuti di viaggio), ma nel caso fosse rifiutata, la seconda offerta arriverà da più lontano e cioè in un raggio di 250 chilometri. Infine, al terzo rifiuto, l’ultima proposta potrà arrivare da tutta Italia. Dopo il primo anno e entro i 18 mesi, prima e seconda offerta potranno giungere entro i 250 chilometri, la terza in tutta Italia. Dopo 18 mesi, ognuna delle tre offerte potrà arrivare da tutto il territorio nazionale. Una deroga è prevista per le famiglie con persone disabili a carico, a cui verranno fatte proposte di lavori nel limite dei 250 chilometri.

Se non si dovessero accettare le proposte nei vari step, il diritto al reddito decade, così come verrà meno se non si partecipa al percorso di inserimento lavorativo

Peculiare l’obbligo di spesa dell’importo totale erogato, anche se abbastanza coerente con l’idea di incrementare i consumi e, quindi, la crescita del Paese.

LE NORME ANTI-FURBETTI

Naturalmente esiste anche una “norma anti – furbetti”: chi fornisce dati falsi nell’atto di richiesta sarà punito con un periodo di reclusione compreso tra i due e i sei anni.

Inoltre, sono previsti contributi per gli anziani poveri, sostegni alle aziende che assumono una persona all’interno del programma del reddito (con sgravi fino a 18 mesi) e aiuti per l’autoimprenditorialità (con 12 mesi di assegno).

Tutto questo, tradotto con un esempio concreto, sta a significare che una famiglia composta da 2 adulti e 2 figli minorenni avrà fino a 1.180 euro al mese di RdC: fino a 900 euro mensili come integrazione al reddito più 280 euro di contributo per l’affitto (oppure 150 euro di contributo per il mutuo), mentre una persona che vive da sola avrà fino a 780 al mese di RdC: fino a 500 euro come integrazione al reddito più 280 euro di contributo per l’affitto (oppure 150 euro di contributo per il mutuo).

Questo è quello che accadrà nei prossimi mesi in Italia. Ma fuori dai confini nazionali, invece, come “si sono regolati” gli altri? 

COME FUNZIONA ALL’ESTERO

Come funziona il reddito di cittadinanza in Danimarca, Finlandia e Germania

In Danimarca, per esempio, il sistema (tra i più avanzati del continente) è basato su un pilastro principale: il Kontanthjælp, l’assistenza sociale. Il sussidio è tra i più ricchi: la base per un singolo con più di 25 anni è di 1.325 euro, cui va aggiunto l’aiuto per l’affitto, che viene elargito a parte. Se invece si hanno figli, il sussidio arriva a 1.760. I beneficiari abili al lavoro sono obbligati a cercare attivamente un’occupazione e ad accettare offerte appropriate al loro curriculum, pena la sospensione del diritto. E se ci si assenta dal lavoro senza giustificati motivi, il contributo viene ridotto in base alle ore di assenza.

Una importante differenza rispetto gli altri paesi è che il sussidio è tassabile. Fino al febbraio 2012, poi, esisteva lo Starthjælp, letteralmente “l’indennità di avviamento ad una vita autonoma”, il cui contributo minimo era di 853 euro: il beneficio è stato però abolito in un tentativo di riorganizzazione e razionalizzazione del sistema.

Molto particolare è il meccanismo adottato dalla Finlandia, circoscritto ad una platea ristretta. Il governo di Helsinki offre infatti un reddito garantito di 560 euro mensili a 2mila cittadini disoccupati (tra i 25 e i 58 anni). I disoccupati non dovranno fornire giustificazioni sul modo in cui spenderanno i soldi e il salario base viene mantenuto anche nel caso in cui il beneficiario trovi un lavoro.

La soluzione, anche in questo caso, sembra puntare a ridurre la povertà, ad aumentare il tasso di occupati e a tagliare le lungaggini burocratiche, ma in realtà gli obiettivi erano altri: creare i presupposti perché i cittadini finlandesi non accettassero condizioni di lavoro sfavorevoli o stipendi troppo bassi, provare a semplificare il complesso sistema di welfare finlandese (che prevedeva diverse tipologie di sussidio a seconda dello status di ciascun cittadino), capire se la distribuzione di denaro favorisse la creazione di nuovi posti di lavoro, visto che i partecipanti al progetto avrebbero continuato a beneficiare dell’erogazione del denaro anche in caso di impieghi part-time, cosa non prevista con il sussidio di disoccupazione.

In verità, però, questo “reddito di base” è solo il primo di una serie di esperimenti per testare varie soluzioni. Ed infatti, proprio dal 2019, il governo Finlandese sembra orientato verso la sperimentazione di altre tipologie di riforma del welfare che porteranno probabilmente al superamento di questo primo “esperimento pilota”.

Potevamo poi non considerare cosa accade in Germania? Certo che no.

In Germania, nell’articolato sistema di sostegno alle categorie più svantaggiate, l’Arbeitslosengeld II è il sussidio mensile destinato a chi cerca un lavoro o ha un salario molto basso. Il programma si ispira ai criteri basilari di “fördern und fordern”: tradotto, “sostenere e pretendere”. Lo Stato garantisce l’assistenza al soggetto che, tra i vari impegni assunti, prevede la ricerca di un nuovo lavoro. Dal 1° gennaio 2013 il contributo di primo livello (il più alto) è di 382 euro per un singolo senza reddito. Sussidi per l’affitto e il riscaldamento vengono elargiti a parte, come le indennità integrative per i disabili, i genitori soli e le donne in gravidanza. Lo Stato pensa anche alla prole: 289 euro per ogni figlio tra i 14 e i 18 anni, 255 euro tra i 6 e i 14 anni, 224 euro da 0 a 5 anni. La durata è illimitata, con accertamenti ogni 6 mesi sui requisiti dei beneficiari, a patto che chi è abile al lavoro segua programmi di reinserimento e accetti offerte congrue alla sua formazione. Ne hanno diritto i cittadini tedeschi, gli stranieri provenienti da paesi Ue che hanno firmato il Social Security agreement e i rifugiati politici.

Oltremanica, invece, il reddito minimo è garantito da un complesso sistema di sussidi basati sulla “prova dei mezzi”.

Come funziona il reddito ci cittadinanza nel Regno Unito e in Francia

L’Income Support, questo è il nome del reddito minimo del Regno Unito, è uno schema che fornisce aiuto a chi non ha un lavoro full time (16 ore o più a settimana per il richiedente, 24 per il partner) e vive al di sotto della soglia di povertà. Il sostegno ha durata illimitata finché sussistono le condizioni per averlo e varia in base ad età, struttura della famiglia, eventuali disabilità, risorse che i beneficiari hanno a disposizione: chi ha in banca più di 16mila sterline non può accedervi e depositi superiori alle 6mila riducono l’importo del sostegno.

Questo “aiuto” vale, per i single tra i 16 e i 24 anni, 56,80 pound a settimana, per gli over 24 arriva a 71,70 (per un totale di circa 300 sterline al mese, pari a circa 330 euro – erano 370 nel 2007). Un aiuto dello stesso importo garantisce la Jobseeker Allowance, riservata agli iscritti nelle liste di disoccupazione: “Per riceverlo il candidato deve recarsi ogni due settimane in un Jobcenter e dimostrare che sta attivamente cercando lavoro”. Lo Stato aiuta chi ha bisogno anche a pagare l’affitto e garantisce alle famiglie assegni per il mantenimento dei figli.

In Francia, invece, a due diversi tipi di sostegno rivolti ai disoccupati, si è aggiunto nel 1988 il Revenu Minimun d’Insertion, sostituito nel giugno 2009 dal Revenu de Solidarité Active. Ne ha diritto chi risiede nel paese da più di 5 anni, ha più di 25 anni, chi è più giovane ma ha un figlio a carico o 2 anni di lavoro sul curriculum.

Un singolo percepisce 460 euro mensili (in aumento dai 441 del 2007), una coppia con 2 figli 966 euro. E il sussidio, che dura 3 mesi e può essere rinnovato, aumenta con l’aumentare della prole. Perché il sostegno non si trasformi in un disincentivo al lavoro, il beneficiario deve dimostrare di cercare attivamente un’occupazione, partecipare a programmi di formazione e l’importo del beneficio è modulare: man mano che cresce il reddito da lavoro, diminuisce il sussidio, ma in questo modo il reddito disponibile aumenta. Ma il presidente Emmanuel Macron, anche nel tentativo di intercettare il favore dell’elettorato più disagiato, ha appena lanciato un piano ambizioso di lotta alla povertà, all’interno del quale è previsto un “reddito universale di attività” che dal 2020 sarà accessibile anche a chi lavora ma non guadagna abbastanza da poter vivere in maniera decente.

In Belgio, poi, esiste un sistema rigido, ma generoso: 725 euro il contributo mensile per un singolo. Con l’inizio della crisi Bruxelles ha, inoltre, aumentato le tutele, adottando nel luglio 2008 per gli anni 2009-2011 l’Anti-Poverty Plan, un’ulteriore serie di misure per garantire il diritto alla salute, al lavoro, alla casa, all’energia, ai servizi pubblici. Inoltre il Belgio è tra i Paesi che consentono di rifiutare un lavoro, se non congruo con il proprio livello professionale, senza vedersi sospeso il sussidio: un meccanismo questo studiato per contrastare quella fascia di lavori a bassa qualificazione che prolifera in conseguenza dell’obbligo di accettare un impiego per non perdere il sostegno.

In Irlanda, invece, c’è il Supplementary Welfare Allowance che non prevede limiti di età ed è destinato a cittadini irlandesi, rifugiati, apolidi e a tutte le persone che risiedono legalmente ed effettivamente nello Stato a prescindere dalla nazionalità.

La condizione principale per acceder al SWA è che non devono esserci altre indennità in corso di erogazione come la disoccupazione, la pensione sociale o altre simili.

Gli importi mensili del reddito minimo sono di 800 euro per i single, 1300 euro per le coppie senza figli, 1400 per coppie con un figlio, 1600 in caso di due figli e 1700 per tre figli.

L’Irlanda, inoltre, prevede integrazioni per il pagamento dell’affitto, per spese eccezionali dovute a precarie condizioni di salute, aiuti per il pagamento degli interessi del mutuo, funerali e altre spese impreviste. E in più tanti altri assegni, elargiti a discrezione, come assegni per il reinserimento scolastico, comprendenti anche l’acquisto di vestiti e calzature.

I Paesi Bassi, infine, oltre ad avere un sistema piuttosto generoso per i single (cui spettano fino ad un massimo di 617 euro al mese) e per le famiglie (che ricevono 1.234 euro, sia che si tratti di coppie sposate che di coppie di fatto, con figli e senza) hanno messo a punto il Wik, una misura specifica per gli artisti, studiata per garantire una base economica a chi si dedica alla creazione artistica.

Insomma, è proprio il caso di dire, “Paese che vai, reddito di cittadinanza che trovi”

Tags: manovra 2019reddito di cittadinanza all'estero
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