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Home Approfondimenti

La conversione di Facebook sulla via di Bruxelles

Alessandro Alongi di Alessandro Alongi
29 Aprile 2019 09:35
in Approfondimenti, Tech
Tempo di lettura: 3 minuti
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La conversione di Facebook sulla via di Bruxelles
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Dopo svariate pressioni il social semplificherà le proprie condizioni contrattuali grazie all’uso di un linguaggio semplice, mettendo in evidenza le modalità di utilizzo dei dati degli utenti. Per i consumatori in arrivo più garanzie, trasparenza e responsabilità

di Alessandro Alongi

 In Internet nulla è gratis e non ci sono benefattori: i servizi offerti dai giganti del web, sotto mentite spoglie filantrope, scandagliano le nostre abitudini, preferenze e informazioni personali, offrendoci in cambio la possibilità di accedere e vivere nell’ambiente digitale. Ogni volta che “clicchiamo” qualcosa sul web o effettuiamo una scelta su una dispositivo cediamo alla rete (inconsapevolmente) un pezzo di noi: un’opinione, un’emozione, un desiderio o un sogno. Come in un grande puzzle, la rete colleziona i singoli frammenti e, like dopo like, con meticolosa pazienza algoritmica, riesce a comporre la fotografia del nostro essere così da creare un profilo quanto più attendibile dell’utente così da tempestarlo con pubblicità personalizzata e offerte su misura. È questo, in sostanza, il business model di Facebook, per cui adesso la Commissione europea chiede più trasparenza.

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Dopo innumerevoli pressioni e moral suasion da parte dell’esecutivo di Bruxelles, la creatura di Mark Zuckerberg, qualche giorno fa, ha annunciato (non certo senza clamore) di voler aggiornare le condizioni contrattuali di Facebook. Nessun maquillage leguleio, ma una vera e propria ristrutturazione delle norme che regolano il comportamento degli utenti sulla celebre piattaforma, a cominciare proprio dall’utilizzo dei loro dati personali, informazioni che condivise, commentate o postate, vengono regalate quotidianamente alla rete.

Via, dunque, ad una nuova Glasnost a stelle e strisce. L’operazione trasparenza, condotta utilizzando un linguaggio semplice e immediato, ha come obiettivo (condiviso con la Commissione UE) di informare adeguatamente gli iscritti sul modo in cui la società californiana utilizza i dati degli utenti per sviluppare attività di profilazione, fornire pubblicità mirate e a quali aziende terze tali dati vengono ceduti. È ancora presto per dire se tutto ciò contribuirà ad alzare il sipario sulle politiche relative all’uso dei dati da parte delle grandi compagnie del web (si spera in un effetto emulativo da parte delle altre piattaforme), ma la strada sembra essere comunque stata tracciata.

Tale cambio di passo da parte di Mark Zuckerberg va incontro alle richieste della Commissione europea e delle associazioni di consumatori che da sempre auspicano di conoscere le modalità di finanziamento del social network e la natura degli introiti derivanti dall’utilizzo dei dati dei consumatori. Le nuove condizioni contrattuali del social americano metteranno nero su bianco, finalmente, il principio che in Internet non esistono regali e che i servizi forniti dalle società digitali, apparentemente gratuiti, nascondono comunque un celato corrispettivo da pagare, ovvero le informazioni personali dell’utente: nei futuri accordi contrattuali la piattaforma si impegnerà a spiegare in modo chiaro come l’uso della piattaforma sia libero e senza alcun costo, ma che tramite tale utilizzo l’utente presta il consenso alla condivisione dei suoi dati e alla possibilità di ricevere pubblicità commerciali.

Soddisfazione per l’accordo raggiunto è stata espressa dalla Commissaria per la giustizia e i consumatori Vĕra Jourová, che ha accolto con favore il cambio di politica sul trattamento dei dati da parte del giovane manager americano: «Oggi finalmente Facebook ha assunto l’impegno di rendere più chiare e trasparenti le sue condizioni d’uso. Un’impresa che intenda riconquistare la fiducia dei consumatori dopo lo scandalo Facebook/Cambridge Analytica non dovrebbe servirsi di un linguaggio farraginoso e burocratico per nascondere come realizza profitti miliardari grazie ai dati dei consumatori». Dopo questa svolta, dunque, gli utenti saranno pienamente consapevoli del fatto che i loro dati sono utilizzati dal social network per vendere annunci mirati.

Le nuove condizioni contrattuali di prossima introduzione preciseranno, ancora, quali servizi venduti da Facebook a terzi utilizzano i dati degli utenti, in che modo i consumatori potranno chiudere il loro account e per quali motivi e in quali casi potrà invece essere chiuso dal social. Inoltre, nei nuovi termini, Facebook modificherà anche la propria politica di limitazione della responsabilità, assumendosi in prima persona tutti gli obblighi – e gli oneri – in caso di negligenza nell’uso delle informazioni personali (come nel caso di utilizzo improprio dei dati da parte di terzi, leggasi Cambridge Analytica). Anche la modifica unilaterale delle condizioni d’uso verrà mitigato, in futuro limitato ai casi in cui le modifiche siano ritenute ragionevoli, tenuto conto anche degli interessi dei consumatori.

Cambieranno, ancora, le norme relative alla conservazione temporanea dei contenuti cancellati dai consumatori: post, commenti e like rimossi dalla piattaforma, adesso, potranno essere mantenuti nella pancia del social solo in casi specifici (ad esempio per soddisfare un’istanza da parte di un’autorità pubblica) e per un massimo di 90 giorni, al termine dei quali scatterà l’obbligo di cancellazione. Infine, ulteriore novità riguarderà la semplificazione del linguaggio che specifica il diritto di ricorso degli utenti in caso di rimozione dei contenuti da loro pubblicati, oggi vergato in un astruso leguleio e domani, chissà, comprensibile anche ai nonni digitali.

Tags: dati personaliFacebookinternetPrivacyreteweb
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Alessandro Alongi

Alessandro Alongi collabora nell’ambito del modulo di “Diritto della rete” all’Università Alma Mater Studiorum di Bologna. Laureato in Giurisprudenza e in Scienze Politiche, è specializzato in Relazioni istituzionali e Diritto parlamentare e attualmente si occupa di tematiche giuridiche e regolamentari presso l’Organo di vigilanza sulla parità di accesso alla rete di TIM, oltre a svolgere attività di ricerca nell’ambito del Diritto dell’innovazione, del quale è autore di diversi studi e approfondimenti.

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